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Hanno detto e hanno scritto del libro
 "Il P.S.I.U.P-Francavilla prima e dopo ('50-79)"

In appendice alla seconda edizione 2014 celebrativa del 50° anniversario del PSIUP

Hanno detto alla presentazione del libro a Francavilla il 6 Agosto 2013 - Ruderi Rione Pendino:

- Michelino Condello:  Insegnante, ultimo segretario del PSIUP - un viaggio nella memoria del paese del Drago (L'Introduzione)

- Dorino Russo:  Docente di Lettere, fondatore e primo segretario del PSIUP - la sceneggiatura di un film (La Presentazione)

- Amerigo Fiumara: Ingegnere, autore del libro e militante del PSIUP - una Comunità alla conquista della libertà”  (La chiave di lettura)

Hanno scritto per lettera o per email:

- Alfredo Barbina: Letterato, Docente universitario - un documento d’una stagione politica e sociale di bell’impegno

- Franco Mellea: Medico di famiglia e del lavoro - un atto d’amore al paese natale

- Lucia Sabatino: Docente di lettere - il cantico degli id​eali

- Michele Mammoliti: Architetto - insegna la possibilità di osare

- Mario Giancotti: Odontoiatra, Docente universitario - ci fa sentire gli ideali di libertà

- Claudia Salvatori - Pittrice - è una ventata di genuinità

- Reginaldo D’Agostino: Pittore, scultore, ceramista, musicista, Geometra - evidenzia la geometria del tempo

- Erminia Rizzo: Docente di latino e greco - un legame con il passato

- Marcella Mellea: Docente di lingue - sottrae all’oblio gesti ed ideali di un popolo

- Michele Petullà: Giornalista, Funzionario di banca - incita al risveglio delle coscienze

- Gino Ruperto: Dirigente di Pubblica Amministrazione - un grande affresco dipinto da un’abile mano

- Imperio Assisi: Dirigente scolastico - una preziosa monografia su Francavilla

- Antonio D’Agostino: Ingegnere - un argine al nulla che avanza

- Raoul Baratteri: Ingegnere, Urbanista - una rappresentazione corale

- Francesco Ciliberto: Dirigente scolastico - un manifesto politico

- Giuseppe Pititto: Magistrato - meriterebbe d’essere diffuso tra i ragazzi ed i giovani

- Luigi T. Achille: Architetto - ​traspare la genuinità dei sentimenti

- Raffaele Mammoliti: Dirigente CGIL - un autentico patrimonio culturale

- Franco Ciancio: Ingegnere, Dirigente Agenzia del Territorio - una storia vera, vissuta con intensità e consapevolezza

- Francesco Gallo: Docente di lettere, storia e filosofia - una indiscutibile testimonianza

- Pino Ceravolo: Docente di lettere -  un ancoraggio forte ad una identità territoriale e politica

- Micuccio Cugliari: Insegnante - trasmette una spinta propulsiva ai giovani

Domenico e Lella Grillo – Presidente Associazione 50&+ - "consente di respirare il clima di quel periodo"

- Walter Fiumara: Informatico - ha fatto rivivere momenti e ricordi di uno spaccato popolare

Giuseppe Pallone: Medico, già sindaco di Francavilla Angitola - lo stimolo a guardare retrospettivamente un periodo significativo

- Saverio Fortunato: Criminologo, Docente universitario - un punto di vista che ha del garbo

- Domenico Bilotta. Ragioniere - ricordi

- Luigi M. Lombardi Satriani: Antropologo, Docente Universitario - un paese che costituiva ancora comunità

- Vito Caruso: Dott. in Scienze Politiche - un utile strumento per colmare il vuoto di conoscenza della realtà paesana

- Roberto Ferrari: P.R. Farmindustria, già militante PSIUP - "offre una visione complessiva di Francavilla"

- Francesco Tassone:  Avvocato, già Giudice, fondatore dei Quaderni Calabresi -  “l'adempimento di un compito verso le giovani generazioni

- Antonio Giancotti: Perito Chimico - Dott. in Lingue - è una storia di Francavilla per Francavillesi

- Giuseppe Faragasso: Acri - è un originale spaccato storico di una realtà calabra

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“un viaggio nella memoria del paese del Drago”

di Michelino Condello

Stasera presentiamo il libro “Il PSIUP - Francavilla prima e dopo ('50-79) di Amerigo Fiumara, che noi tutti conosciamo.

Racconta un periodo molto importante per Francavilla, molto importante per il movimento politico, culturale, giovanile francavillese ed abbraccia un arco di tempo che va dagli anni 50 agli anni 70.

Si tratta di fatti che sono accaduti tanto tempo fa a Francavilla, in un paese dalla forma di un treno sempre in corsa, sbuffante, che cercava di uscire dalla crisi economica del dopoguerra, facendosi forte delle sue origini millenarie e dei suoi uomini illustri.

Quindi si tratta di fatti che sono avvenuti tanti e tanti anni fa, in un paese sbuffante perché fremeva di superare le notevoli difficoltà di un difficilissimo periodo storico.

Francavilla era un centro commerciale ed agricolo, dove nel mese di agosto, proprio in questo periodo, gente pellegrina, semplice, giungeva, anche per invocare la protezione, dai morsi dei serpenti, di San Foca Martire, nostro Patrono.

Il nostro paese era un centro veramente importante e di riferimento per tutto il circondario.

Oggi Amerigo Fiumara ci guida in un viaggio nella memoria del paese del Drago, ci fa ricordare i volti di tutti quegli amici, di tutti quei compagni, con cui passavamo intere giornate a giocare al bigliardino o a discutere di socialismo nella sezione nascente del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, sotto la guida intelligente, magistrale dico io, del Professore Dorino Russo, a cui, adesso, cedo la parola.

Egli ci illustrerà la vita del PSIUP a Francavilla Angitola.

Su

“la sceneggiatura di un film”

di Dorino Russo

Grazie e buonasera a tutti. Buonasera, soprattutto, a quei compaesani che in questo periodo sono tornati a fare una visita al loro amato Paese: Essi sono solo una piccola parte della diaspora francavillese, che è stata eccezionale. E sono contento soprattutto di presentare qui a "Pendino" il libro scritto da Amerigo, perché questo rione mi è caro. Come sapete, durante le competizioni elettorali si scendeva sempre in questo luogo, ma si veniva anche in altre occasioni. Si entrava in tutte le case, si faceva il giro delle famiglie, si discuteva con i nostri amici, sempre molto ospitali e generosi, e si usciva sempre arricchiti di esperienze e conoscenza di problemi. Erano, vi assicuro, persone intelligenti e preparate: sono loro le persone che con il lavoro hanno fatto grande l’Italia, quella Italia, che purtroppo adesso i politici stanno rovinando. Credo che  l'omaggio al Rione che ci ospita sia doveroso e condiviso da tutti.

Stasera sono qui perché Amerigo mi ha invitato a parlare della nascita del Partito Socialista di Unità Proletaria, come ha detto già Michelino. Nel libro, però, sono ricordate altre esperienze, tutte importanti: il Centro giovanile popolare, lo sport, il gruppo folk, il gruppo teatrale, il primo giornalino, che hanno visto protagonisti altri giovani, che stasera potranno intervenire e raccontare quelle esperienze così come loro le hanno vissute. Io mi atterrò a quanto mi è stato chiesto: parlerò del PSIUP, della nascita del partito nel 1964.

Prima, però, vorrei fare qualche considerazione sul libro e vorrei ringraziare soprattutto Amerigo per la stima che mi porta e per la dedica che mi ha fatto sulle prime pagine del libro che mi ha regalato. Grazie Amerigo, grazie anche a nome dei presenti, perché tu offri a Francavilla un contributo veramente enorme raccontando fatti, avvenimenti, storia, utili anche a coloro che vorranno studiare in futuro Francavilla, il nostro caro Paese.

Debbo dirti che già il titolo mi inorgoglisce, perché tu dividi la storia di Francavilla con l’anno 1964, data di nascita della sezione del PSIUP, avvenimento che tu consideri uno spartiacque tra la Francavilla prima e la Francavilla dopo la nostra esperienza politica e questa tua riflessione veramente mi inorgoglisce.

Nel tuo libro non ci sono fatti eccezionali, lo dico subito, ma fatti normali, quotidiani, quasi banali, però ci sono le lotte per la democrazia da noi combattute ed io credo che questa via da te scelta sia la cosa più bella della tua opera, perché così la Francavilla di quel periodo diventa sì sogno e nostalgia, ma anche luogo dove si combatterono le più belle battaglie per l'emancipazione, per il lavoro, per la legalità e anche per l'uguaglianza. Ecco perché durante la lettura del testo un’ondata di emozioni mi avvolgeva. Devo essere sincero: man mano che leggevo avevo la conferma e prendevo coscienza che il mio, il tuo, il nostro impegno non è stato del tutto vano. Mi ha colpito l'inizio, l’incipit. E’ come se tu avessi voluto prendere per mano il lettore e lo avessi voluto accompagnare sui luoghi dove poi si svolgeranno i fatti, gli avvenimenti: ecco allora la strada sterrata, i grandi pioppi secolari che assistevano ai nostri giochi e anche alle nostre discussioni interminabili: spesso discutevamo per nottate intere e tornavamo a casa al canto del gallo! Ecco, poi, il Fiumicello, il Drago, la Grotta della chioccia con i pulcini d’oro, le stradine, il Corso, le fontane con gli abbeveratoi, i gradini sui quali ci sedevamo, i balconi, che poi erano, come si diceva allora di case a misura d'uomo, perché dal balcone di una abitazione si poteva quasi sentire il respiro di quelli che abitavano di fronte. E, poi, le stradine affollate di persone intente a lavorare ed a discutere.

Tutto ciò mi ha fatto ricordare, naturalmente lo dico con rispetto per il grande Don Alessandro, l'incipit dei "Promessi Sposi". Ricordate? "Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno fra due catene non interrotte di monti ...  Per una di queste stradicciole tornava .. Don Abbondio.” Quindi anche il grande Manzoni entra nelle vicende di Renzo e Lucia attraverso i luoghi nei pressi di Lecco, dove, poi, si svolgerà l’azione di uno dei capolavori della letteratura italiana.

E poi hai fatto benissimo la descrizione del tessuto socio-economico: l'agricoltura, l'artigianato, i mestieri, il commercio, il cinema, la terza età, i bambini, la scuola, la sanità, l'allevamento, le feste, la devozione per San Foca, l'apprendistato, che era quasi un doposcuola. La mattina si faceva nelle fredde aule teoria scolastica e poi nel pomeriggio si andava ad imparare la pratica dai bravissimi artigiani che onoravano Francavilla. Anche io ho fatto l’apprendista sarto da tuo zio, mastro Ciccio Bartucca, ancora oggi so cucire e fare le asole. Quella era una scuola di vita veramente bella e motivante più di tante lezioni cattedratiche. E tu caro Amerigo hai scattato con le parole una bella, grande fotografia della nostra Francavilla di quel tempo e l'hai consegnata a noi, ai nostri figli . Ho detto una fotografia, ma potrei anche dire la sceneggiatura di un film .Ricordate, per esempio, “L'albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, che tanti premi ha vinto? La storia è la descrizione di abitanti della Bergamasca, poetiche vicende di tante famiglie.

E ricordate "Nuovo Cinema Paradiso"? Io sono incantato quando lo vedo e l'ho visto decine di volte. Tutte le volte che vedo "Nuovo cinema paradiso" ricordo il cinema di don Mario Condello, che è stato per molti di noi giovani un’esperienza affascinante. Ricordo ancora oggi benissimo i pianti durante le scene drammatiche, gli sfottò tra gli spettatori, l’ammirazione verso gli attori più bravi, i lanci di carte e piccoli oggetti verso la platea di quelli che sedevano sul palco.

E, poi, il tuo linguaggio. Esso mi ha fatto ricordare quello dei "Malavoglia", perché il tuo lessico non è  accademico, ma  popolare, proprio come quello di Giovanni Verga, che rompeva una tradizione aulica e faceva parlare i pescatori siciliani con le loro parole di ogni giorno. Anche nel capolavoro di Verga le vicende si svolgono coralmente attorno alla Casa del Nespolo e la storia è fatta di piccole e grandi vicissitudini.

La presentazione del contesto socio-economico mi ha fatto ricordare un grande personaggio calabrese :Vincenzo Padula, che era di Acri, paese che tu conosci benissimo perché vi hai lavorato. Vincenzo Padula era un prete di ingegno vario e fecondo. Scrisse molto. Tra le sue opere io considero fondamentale “Calabria prima e dopo l’Unità”. Nell’opera è descritta benissimo la società del Cosentino di quegli anni: gli artigiani, i lavoratori dei campi, le lavandaie, possidenti, i datori di lavoro, le mercedi, i salari. Tutti quelli che si sono interessati alla nostra storia hanno dovuto leggere e studiare Vincenzo Padula e le sue illuminanti annotazioni sono state alla base del lavoro di molti storici italiani. Io sono sicuro che quelli che si occuperanno del Meridione e di Francavilla avranno nel tuo libro un valido supporto.

Poi ricordi la Cooperativa edilizia degli anni 50 (anche quella una bella pagina di democrazia), l'alluvione del 1953: un avvenimento drammatico che permise a molti di emigrare negli USA e ad altri di avere delle case popolari. Ricordi, io credo con compiacimento, la prima donna candidata di Francavilla: tua sorella. E’ vero! Siamo andati ad invitarla, lei ha accettato e  così abbiamo avuto nella nostra lista la prima donna candidata in una competizione amministrativa!

Passi poi a parlare di politica e io noto, nelle pagine, la tua gioia nel ricordare quei fatti e quelle vicende così intense ed appassionanti: lotte di giovani che cercavano di rendersi utili al loro paese e alla democrazia.

Arriviamo poi agli anni’60 che tu consideri, come ti dicevo, la demarcazione tra la vecchia e la nuova Francavilla. Per me quello fu nella mia vita un momento esaltante ed entusiasmante, veramente bello quel periodo! Un periodo in cui ero giovane, ormai purtroppo sono passati tanti anni ed il mio ideale era quello di cercare di contribuire a rendere migliori l'Italia ed il mio piccolo e caro Paese. Molti mi dicevano che ero un sognatore. Anche il senatore Perugini, una volta, in un comizio che fece qui, nella nostra piazza principale disse: "Quel giovane è un grande sognatore, ma tra poco si accorgerà che la realtà è diversa". Ma io non ascoltavo i consigli di quei “saggi” e andavo avanti per la mia strada.

Debbo, in verità, aggiungere che in quel periodo, nella nostra vita nazionale, contavano molto le idee, giuste o sbagliate che fossero, gli ideali, giusti o sbagliati che fossero. Contavano quelle cose e  non come oggi, la finzione, l'arrivismo, il bene dell'amico, del parente, della propria fazione.

Ora andiamo alla nascita del PSIUP, Partito Socialista di Unità Proletaria. Io cercherò di ricostruire quel momento (anche se tu lo hai già fatto bene nel libro). Cercherò di farlo non per nostalgia, ma perché parlare di quel periodo, secondo me, può aiutarci a capire anche il presente, a migliorare la nostra vita, a spingerci alla lotta, alla conquista di migliori condizioni di vita, a cambiare un presente che quasi ci fa vergognare di essere italiani. Per chiarezza debbo dare uno sguardo a quegli anni. Come tu ricordi, avevo  fondato assieme a tuo padre e all'avvocato Salerni, che è morto proprio in questi giorni, il Partito Socialista a Francavilla. Il gruppo dirigente nazionale del partito in quel periodo aveva cominciato a preparare un dialogo con il mondo democristiano che fino a quel momento aveva governato con il PSDI di Saragat, il Partito Liberale di Malagodi, il Partito Repubblicano di La Malfa, con qualche occhiolino rivolto anche al Movimento Sociale Italiano. Proprio in quel momento all'interno del PSI nacque una sinistra forte e combattiva. Ricordo: Lusso, Basso, Lombardi che, sulla strada maestra delle idee dell’altro grande socialista Rodolfo Morandi, vogliono un partito che resti unito alle altre forze della sinistra, soprattutto a quelle del Partito Comunista, l'altro grande partito della classe operaia, pur volendo mantenere autonomia e capacità organizzativa rispetto ad esso. Ecco perché io proposi in quel periodo di intitolare la nostra sezione a Rodolfo Morandi e affiggere al muro la sua fotografia.

Cosa pensava Rodolfo Morandi? Pensava che c'erano due grandi direttive su cui il Partito Socialista doveva andare avanti: l’unità nella sinistra ed il neutralismo in politica estera. Per noi era  quindi inconcepibile che la Sinistra si dovesse spezzare, specialmente in quel periodo, ed era anche insensato abbandonare il neutralismo, da sempre nostra bandiera. Per quella convinzione avevamo combattuto tante battaglie. Su questi punti programmatici il Partito Socialista non poteva venire meno. Quando socialisti e democristiani vararono il primo governo organico di centrosinistra, lo ricorderete era quello Moro - Nenni, maturò la frattura tra le due anime socialiste e nacque il PSIUP, l'11 gennaio del 1964 a Roma.

Come ricorderete Nenni parlò di noi come di un gruppetto verticistico, ma io ricordo che Sandro Pertini, che pure rimase nel PSI, gli disse: "Caro Pietro, quelli che stanno uscendo adesso, sono i quadri migliori del nostro partito, quelli che si sono formati e sono cresciuti nelle dure battaglie sindacali e che hanno lottato perché il movimento operaio rimanesse unito e saldo”.

Il partito all'inizio ebbe una bella affermazione e soprattutto vide l'arrivo e l'iscrizione di molti giovani, quindi un contributo di idee, che gli diedero sangue, forza, anima; pensate che tutte le federazioni giovanili socialiste aderirono al nuovo partito. Poi nel ‘72 ci sarà la fine di questa esperienza. Non morirono però, secondo me, gli insegnamenti di quella stagione, i grandi ideali che la animarono: le lotte operaie, l'attenzione ai problemi giovanili (i giovani oggi sono dimenticati, purtroppo e senza lavoro), l’occupazione, il meridionalismo (ancora oggi il Meridione, come noi dicevamo allora, è uno sfasciume pendulo sul mare!) A mio giudizio le battaglie di ieri si possono combattere ancora oggi.

Torniamo alla storia del “ nostro” PSIUP, quello francavillese. Nel 1963-64 io insegnavo a Nicastro, oggi Lamezia Terme, e anche lì il PSIUP mi vide protagonista, perché io ed altri compagni che ancora oggi sono miei amici (il professore Franco Piccione, Albino Gigliotti ed altri  compagni veramente eccezionali), aprimmo una sezione del nuovo partito e molti giovani diventarono soci e diedero nerbo, idee e forza a quella pattuglia di socialisti. Io fui il primo segretario cittadino di Lamezia. Poi nel '64 lasciai l'insegnamento a Gizzeria e tornai a Francavilla.

Allora Francavilla era dominata da due grandi gruppi politici: la Democrazia Cristiana e il Movimento Sociale Italiano, c'era anche il Partito Comunista, guidato  dall'amico Vincenzino Ruperto, col quale ho condiviso e combattuto tante  battaglie. Poi fu fondato dall’amico Franco  Curcio il Partito Repubblicano Italiano.

Io comunque mi misi all'opera per strutturare il PSIUP. E fu, credetemi, un evento eccezionale: giovani, studenti, lavoratori, anziani, chiesero la tessera. Tutti eravamo decisi a  combattere una battaglia civile e democratica. Come ben ricorda Amerigo, convincemmo il professore Micuccio Ruperto, anch’egli vecchio socialista, a fittarci un locale che poi ristrutturammo, dotammo di un televisore e di un biliardino, il “mitico” biliardino, quello che ci fa ancora sognare, che ci permise anche di pagare il fitto. Su questo non mi voglio dilungare perché l'ha già fatto Amerigo. Però io voglio ricordare quel clima di amicizia, di fratellanza, di lotta, di sentimenti comuni, che ci affratellarono allora e ci affratellano ancora oggi, nonostante la diaspora francavillese nel mondo e il tempo ormai trascorso Ci sono nel libro i nomi di quei compagni. C'era in tutti noi una grande voglia di lottare, l'emozione intensa di pensare ad una Italia e ad un mondo che non abbiano disparità di diritti e di doveri. Nella sezione convivevano, lo ripeto, tantissimi giovani, erano i volti puliti di persone che volevano il cambiamento e sognavano una società diversa. In quella sezione, che era diventata la casa di tutti, si giocava, ci si divertiva, ma si discuteva, si leggeva, si chiedevano e si davano suggerimenti; in quella comunità, come ben dice Amerigo, “Ognuno ha potuto esercitare libertà di comportamento e di pensiero, nessuno chiese, tanto meno ebbe promessa alcuna, chi si avvicinò lo fece spontaneamente e con trasposto”. Amerigo centra lo spirito di quella sezione, che, pensate, con i soldi ricavati dal gioco del bigliardino, pagò in segreto e senza grandi proclami anche il viaggio, doloroso viaggio, di qualche compagno che dovette emigrare all’estero per motivi di lavoro. E la cosa ci inorgoglisce ancora, caro Amerigo.

Ci mettemmo anche accanto ai lavoratori e alle loro lotte. Ricordo quelle dei lavoratori delle serre dell'Angitola: cominciava proprio allora l’espansione rapida dei prodotti di serra nella nostra Piana. Ricordo soprattutto quella più dura dei lavoratori del viadotto ferroviario sul fiume Angitola. Lo stava costruendo una grande impresa, la Condotte di Roma, che anche oggi lavora in tutto il mondo. Essa ad un certo punto licenziò senza motivo molti operai. Iniziammo allora una dura battaglia che qualche settimana dopo portò alla riassunzione dei lavoratori.

Ricordo eccezionali compagni di quel periodo, che venivano a trovarci. Ricordo, come tu dicevi, Franco Piccioni, ma soprattutto Pino Campisi, un sindacalista di Nicotera, che oggi non c'è più! Era sempre a fianco dei lavoratori, gli brillavano gli occhi quando si parlava di lotta operaia e di diritti dei lavoratori. Ci diceva:”Imparate a lottare, a chiedere senza sottomissione quello che vi spetta per diritto”. Era la grande lezione di una persona preparata ed amabile. Ricordo anche Rocco Minasi, nostro parlamentare, che era, possiamo dire, la nostra guida politica di quel periodo.

Ci presentammo anche alle elezioni provinciali con l'avvocato Armando Grillo e tu hai ricordato bene quel momento e il nostro impegno. Ma anche il lavoro dell'avvocato Foca, il fratello, sempre in giro per convincere i compaesani a votarci. Avemmo un buon successo, in paese soprattutto, ma Armando non risultò.

Intanto a Francavilla per merito non solo nostro e sottolineo  non è solo nostro, ma anche delle altre forze politiche, il clima era diventato più civile e democratico. I partiti nazionali erano rappresentati tutti e il paese visse in maniera più aperta, anche se la lotta rimaneva accesa.

Poi, come in campo nazionale, il Partito di Unità Proletaria si sciolse anche da noi. Perché? Questa è una domanda che ci facciamo ancora oggi ed alla quale io non so rispondere. Forse il partito era troppo magmatico, aveva al suo interno molte anime o forse aveva un programma massimalista e il paese stava cambiando: si avvicinava l'epoca degli Scilipoti e di quelli come lui. Fu, forse, anche questo il motivo. Lasciamo comunque alla storiografia politica il giudizio sul partito e sulle vicende contraddittorie di una sinistra sempre con gravi problemi. Oggi forse non è cosi? Perché oggi non è possibile unire tutta la Sinistra e le anime che la compongono? Onestamente non so dare una risposta precisa, ma penso che l'unita della Sinistra potrebbe essere la soluzione per tanti nostri problemi e per un avvenire migliore della nostra società.

Il partito si sciolse, è vero, ma io di quel partito e di quelle battaglie non rinnego nemmeno una virgola. Tutta la mia e la nostra azione politica nasceva non da interessi, ma dalla difesa di quello che era il nostro ideale e credetemi, e mi rivolgo sopratutto ai giovani, lottare per il proprio ideale, qualunque esso sia, è sempre bello ed esaltante. Lo dico soprattutto guardando all'Italia di oggi dove i partiti contano pochissimo ed in qualche caso non ci sono per nulla, dove contano spesso solo gli “uomini della Provvidenza”, dove giovani bravissimi, diplomati e laureati non trovano un lavoro dignitoso, o, se vogliono trovarlo debbono emigrare; un paese dove i genitori hanno poco o niente da offrire ai loro figli, dove si parla poco dei nostri problemi veri, reali, perché i politici e molti mass-media, come incantatori di serpenti, ci mostrano un mondo che non esiste e ci nascondono la realtà. Questa è l'Italia di oggi.

Chi la può salvare? Solo i giovani, che sono leali onesti sognatori, ma anche realisti; solo loro potranno far finire questa tragicommedia, nella quale si sta avvitando e morendo la nostra Nazione. Tu, caro Amerigo, ci hai fatto capire che questo è il tuo desiderio. Ti confido che questo è anche  il mio sogno proibito. La tua fatica appassionata, come dicevo, è scritta con un lessico facile, vicino alla lingua del popolo, non accademico e letterario. Hai descritto luoghi e persone della nostra comunità in modo leggero, ma coinvolgente, senza dare mai giudizi e questo ti fa onore. La tua opera è una stellina, certo, ma lo stupendo firmamento della storia è formato proprio da tante piccole stelline come la tua!

Su

“una Comunità alla conquista della libertà”

di Amerigo Fiumara

Questo non è il mio, ma il nostro racconto, perché tutti noi siamo stati  protagonisti dei fatti nel libro narrati. Le vicende le abbiamo vissute direttamente e con un sentimento che ci ha affratellati allora e ci unisce in modo forte ancora oggi.

Io posso esporvi quella che è la mia chiave di lettura del testo. Lo faccio stasera, in sintesi, poiché credo  sia l’occasione giusta, avendo tralasciato di dare giudizi nel libro, per lasciare al lettore libertà di giudizio e di interpretazione.

Siamo Calabresi, figli di agricoltori, di artigiani, di commercianti: figli del "popolo", come comunemente si dice.

I figli del "popolo" ricevono in famiglia la prima educazione, la prima formazione caratteriale, però maturano anche fuori dalla famiglia, assieme ai compagni di gioco, di scuola, di lavoro, di viaggio, di partito ed anche nei  racconti di vita vissuta, come in questa occasione.

Quando un uomo raggiunge la maturità, va in cerca del bene essenziale per vivere un'esistenza dignitosa, che, a mio giudizio, è la LIBERTA’.

I fatti accaduti e raccontati ci dicono cosa noi abbiamo fatto per conquistare la libertà, una libertà vista nelle sue varie sfaccettature, principalmente quella economica che può dare di conseguenza quella politica.

Ecco brevemente il racconto delle lotte per raggiungere la nostra piena emancipazione:

- La “Cooperativa edilizia”: una generazione di operai edili si organizza nella forma di impresa più democratica e di avanguardia per stare sul mercato del lavoro. Essa, attraverso l’appalto di lavori pubblici, garantendo un salario sicuro e contrattuale per i soci e non solo, diventa strumento di conquista della libertà economica dei lavoratori del nostro paese.

- La gioventù, in "Vespa", con la bici e poi con la “600”, conquista la libertà di spazio, di movimento e, quindi, di confronto con i giovani dei paesi vicini, con cui si organizza anche per il divertimento.

- La Camera del Lavoro, che, assistendoli, libera i braccianti agricoli e gli operai dalla sudditanza ad altre strutture o singole persone cui prima si dovevano rivolgere, non senza soggezione, per la soluzione dei loro problemi,grandi o piccoli che fossero.

- Il Circolo ricreativo, che è stato organizzato per giocare liberamente a carte, anche d’azzardo, fino a tarda notte e con gente proveniente anche dai paesi vicini, perché era impossibile farlo in altri locali pubblici.

- La lista delle “Tre spighe”, che  venne formata da tutti i partiti, da sinistra a destra, contro la D.C. locale, anche sotto la regia di dirigenti provinciali. Una libertà che solo a Francavilla hanno esercitato quei partiti che di solito  altrove governavano con la stessa D.C.; forse temendo il pericolo di una egemonia del partito cattolico locale.

- La "Stella d’argento", che è stato il modo più naturale per far diventare "squadra" alcuni  ragazzini, che sapevano e volevano giocare a calcio, ma in assenza di un campo sportivo e di una divisa non avevano un’identità di gruppo; identità loro data, poi, da una semplice maglietta: essi hanno così conquistato la libertà di giocare al pallone e sono diventati la prima squadra giovanile del nostro paese.

- IL PSIUP: che nasce nel 1964. Con esso l’intero paese va in fibrillazione, come per il verificarsi di una scossa sismica di forte intensità.

Scoppia, infatti, con il PSIUP, un terremoto causato dall'azione politica di Dorino Russo, che scatena un’onda anomala: una marea umana entra nel Partito e ne frequenta la sezione.

Dorino, però, non viene colto di sorpresa e non si fa trovare impreparato. Egli, infatti, escogitando una serie di iniziative e di “trovate” (televisore, bigliardino, registratore, squadra di calcio, ecc ), tiene, efficacemente, unito un gruppo di persone tanto vasto da annoverare bambini ed anziani, operai e studenti, professionisti ed artigiani, abbienti e meno abbienti, “dirtuoti” e “pendinuoti”.

Questo fenomeno consente ad almeno tre generazioni di persone di conquistare la libertà politica.

Nasce a Francavilla il luogo, protetto, ove ci si poteva incontrare tutti, ci si poteva esprimere liberamente divertendosi e socializzando, lottando e fraternizzando, anche senza essere iscritti.

I Francavillesi, inconsciamente, diventano tutti militanti e rivoluzionari, perché cambiano radicalmente i propri comportamenti, le proprie abitudini e le proprie esigenze.

La sezione del PSIUP diviene un riferimento per tutti: a nessuno è stato fatto divieto di frequentarla.

Ma perché ciò è stato possibile? Perché c’era un leader giovane, Dorino Russo, laureato, educato e stimato, che, come tutti noi era un perfetto figlio del popolo, e tale, mi piace dirlo, egli è rimasto.

Il PSIUP demarca, di fatto, negli anni sessanta un confine tra il prima e il dopo nella nostra cara Fancavilla Angitola.

Quindi si può indiscutibilmente affermare, dopo 50 anni, che il PSIUP è stato il fenomeno socio-politico più rilevante del dopoguerra a Francavilla e che merito storico di ciò vada dato al suo fondatore: Dorino Russo.

Dopo l’esperienza del PSIUP, molteplici iniziative ed attività si sono verificate e tutte rivolte alla conquista di libertà. Ecco alcuni esempi:

- Il blocco stradale, che  è stato organizzato per ottenere l’università a Lamezia Terme e quindi per la libertà di studiare nella propria regione.

- Il complesso musicale, che mirava a spingere alla musica tutti.

Ma l’iniziativa più importante, dopo il PSIUP, fu senza dubbio il Centro Giovanile Popolare.

A differenza del PSIUP, frequentato da tutte le generazione, il Centro è stato frequentato solo da giovani che si aprivano alla vita.

Peraltro, mentre sul PSIUP nessuno ebbe a dire alcunché, sul Centro Giovanile piovvero tante critiche. Si tentò anche di farlo chiudere e per ottenere ciò furono chiamati anche i carabinieri.

Nonostante tutto quei giovani hanno avuto l’occasione di esprimersi in forme diverse e sono stati i primi, in assoluto, nel nostro paese, a fare una ricerca storica su usi, costumi, canti e proverbi del mondo contadino: quel mondo da cui noi proveniamo. Fu quello un lavoro straordinario!

Il risultato della ricerca fu portato alla ribalta nell’unica festa popolare organizzata 40 anni fa e mai più ripetuta. La festa è servita per liberarsi da ciò che si riteneva un peso e che si era tramutato in un valore e nell’orgoglio di appartenere alla cultura della terra.

Quella fu un’ulteriore presa di coscienza della nostra comunità e nacquero così il Circolo Sportivo, il Gruppo Folk, la Pro-Francavilla, il Gruppo Teatrale, la stesura del primo giornalino: tutte iniziative di ricerca di libertà.

Tutto ciò ci dimostra e ci conferma che la nostra è stata ed è una grande Comunità, anche se la decadenza culturale ed economica, che da 30 anni a questa parte ha investito l’Italia, sta riguardando pure il nostro territorio.

Ma i giovani che hanno vissuto e lottato in quel periodo, che è stato a mio giudizio quasi magico, oggi sono in giro per il mondo e portano ancora nei loro cuori e nella loro azione politica quell’anelito di libertà e di democrazia che allora li ha animati.

Ecco perché è indispensabile, io credo, stimolare i giovani di oggi, spesso attratti da altre “sirene”, all’impegno civile, al ritorno ad una  politica che viva solo di ideali e voglia raggiungere il bene di tutti ed il miglioramento della nostra società soprattutto dei suoi cittadini più deboli.

A me piacerebbe, anche, che la nostra Comunità, riorganizzata e libera, ricordi che essa proviene dalla cultura classica, greca e latina, sempre faro di civiltà, di laboriosità, tolleranza e coesione, valori essenziali di vita e di comportamento.

Su

“un documento d’una stagione politica e sociale di bell’impegno”

di Alfredo Barbina

Francavilla Ang., 11 Agosto 2013

(San Foca Martire)

Caro Amerigo,

grazie della copia della tua pubblicazione (Il P.S.I.U.P. – Francavilla prima e dopo “50-“79), di cui gentilmente hai voluto farmi dono. E poi…proprio il giorno di San Foca; e…nella assolata piazza Solari! Tempi e scenari che un francavillese di non corta memoria – come sono io – non possono che destare lo “stordimento” dei ricordi, e con essi quello delle emozioni.

Ho letto attentamente…E mi va da concludere che la tua “fatica” getta luce all’incirca, completandola, su un periodo della storia della nostra piccola patria dal finire degli anni “50 alla fine degli anni settanta.

Primo tempo (quello tra guerra e primo dopoguerra); secondo tempo ( anni Cinquanta – anni Sessanta) ; terzo tempo (anni Sessanta – fine anni Settanta).

Pertanto – scusami – la parentesi esplicativa del titolo della tua pubblicazione mi lascia alquanto perplesso….

Con la tua fatica gli storici locali di domani disporranno d’una vera trilogia che rende “privilegiato” il nostro paese nel rendere ai posteri fonti e documenti. Per la prima fase ( tra guerra e dopoguerra) ci sono delle pagine del mio volume (Un Francavillese del Piano di Brossi); per il successivo ci sono quelle di Lorenzo Malta, nel secondo suo impegno di storico locale. A seguire (parlo sempre di pagine registranti stato sociale e vicende politiche) c’è ora la tua opera.

Che è ricca di “fatti” e date e testimonianze. Persino “minute”; ma che non si fa sfuggire la notazione di costume o quella sul sentimento del tempo (come avrebbe detto Ungaretti).

Un appunto, del tutto formale, e che tu farai bene a non prendere in considerazione: Hai voluto calcare la mano – troppo – sul dato ideologico (vedi copertina; prefazione; post-fazione) che incornicia, dividendolo, il vero contenuto del libro. Che è un “documento” – ripeto – d’una stagione politica e sociale di bell’impegno…E di cui non c’è che da ringraziarti…

Quei tempi che tu descrivi confermano la fase di “sgretolamento” sociale della nostra piccola comunità. Tanto per citare: Ciccio Michienzi negli U.S.A., io a Roma, due fratelli Ruperto a Roma, Foca Pallone in Sardegna, tuo zio Armando preso dalle sue iniziative industriali, Peppino Pallone a Salerno, Armando Mannacio a Milano, Achille Malta (di cui ho un ricordo amaro e bello di quando sono andato a trovarlo all’ospedale Umberto I a Roma). Tanto per citare, cui c’è da aggiungere la scomparsa di alcuni protagonisti del mondo d’ una volta: arciprete Caria; dottor Gulli; dottor Servelli…E poi… giovani che si aprivano al futuro; avviati agli studi universitari e quindi sparsi per l’Italia. Senza dire del flusso migratorio…verso terre assai lontane! (Persino l’Australia).

Scusami questo affollare di dati e considerazioni, e tante altre lascio nella penna.

Solo: grazie della dedica che hai voluto indirizzarmi. Espressioni, le tue, che non possono non lusingarmi… ma alle quali solo potrei aggiungere Humanitas: quel sentire che mi viene dalle radici familiari e anche da quel fondo di paesanità cui sono rimasto fedele.

cordiali, vivi saluti per te e per i tuoi cari

Alfredo Barbina


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“un atto d’amore al paese natale”

di Franco Mellea

 Un amarcord intenso quello che ci regala Amerigo Fiumara.

Vita, eventi, storie di un piccolo paese come ve ne sono tanti in Calabria con la fanciullezza fatta di giochi semplici e in cui il rapporto umano intenso e vivo era l'emozione più forte e la prima costruzione del proprio percorso formativo.

Un libro scritto da Amerigo con puntigliosa precisione.

Nomi, posti, persone, situazioni sono descritti, relazionati e analizzati minuziosamente. Il desiderio di non dimenticare nessuno, la voglia di rendere al paese e a ogni suo abitante il posto d'onore che gli spetta sono il solco in cui si incanala il libro.

Amerigo vuole ricordare ogni persona che ha incontrato, ogni amico con cui ha giocato, ogni persona che poco o molto ha contribuito a modificare la sua vita e che gli ha permesso di essere l'uomo generoso che è sia in politica che nella vita reale.

Il titolo del libro ci porta fuori strada. Viene da pensare che si parli di strategie politiche o che si voglia indagare su un periodo controverso della sinistra italiana. Io credo che il PSIUP fosse per Amerigo il sogno di essere in prima persona artefice del suo futuro e del futuro della comunità.

Un desiderio profondo di cambiamento e nello stesso tempo di giustizia sociale. Il periodo che va dal 1964 in poi è costellato dalla nascita della contestazione giovanile che coinvolge sia l'America sia l'Europa. I giovani sentono che il futuro appartiene loro e che la società necessita di essere cambiata nel senso dei loro ideali. Ideali di libertà e di equità sociale.

Amerigo ricorda quei giorni eroici in cui la storia è passata anche da Francavilla scuotendola dal placido torpore di paese bucolico fatto di gente onesta e gran lavoratrice, modificando gli equilibri politici che fino allora avevano governato la comunità. PSIUP per Amerigo era cambiamento, era la tensione etica del nuovo contro il vecchio, era la giustizia contro l'ingiustizia, era essere con gli sfruttati della terra contro i potenti che opprimevano il popolo.

Un'alta chiave di lettura de "Il P.S.I.U.P.-Francavilla prima e dopo ('50-79)" è il desiderio di ricordare con puntiglio tutti i suoi amici e tutte le persone che ha incontrato a Francavilla. E' il desiderio di rendere un atto d'amore al paese natale e ai suoi abitanti. E' un modo di tornare nel grembo della madre per dirle quanto l'ama e quanto le è grata di avergli dato la vita. Francavilla, nonostante Amerigo abbia lavorato in posti molto diversi, rimane l'isola felice della fanciullezza e della prima gioventù. Resta il sogno degli ideali intatti, integri, senza compromessi; resta il sogno di cambiare il mondo senza le delusioni che la vita di adulto ci insegna ad accettare. Resta la visione cristallina di un mondo idealmente giusto.

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“il cantico degli ideali” 

di Lucia Sabatino

 Amerigo era li.

Con la sua memoria di ferro, la sua intelligenza cristallina, con la sua capacità perfetta di relazionarsi con il mondo, con la sua generosità.

Mentre Francavilla si trasformava da paese agricolo in paese anche con attività commerciali, Amerigo era li pronto a immaginare un mondo nuovo da cambiare.

Il libro "Il P.S.I.U.P- Francavilla prima e dopo" è la storia d'amore di Amerigo verso Francavilla.

E' l'inno della propria giovinezza.

E' il cantico degli ideali che hanno formato la vita.

N.B. Scritto su una salviettina di carta da Lucia Sabatino

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“insegna la possibilità di osare”

di Michele Mammoliti

 “Il libro dell’amico ingegnere Fiumara, trasmette, così come delle linee e dei colori compositamente ben tracciati su di un foglio bianco, “un di più”.

Questa emozione emerge, per lasciare un qualcosa dentro, nella capacità di partecipazione attiva e di voler fare di quei ragazzi di ieri, che insegna, a noi di oggi, ad imparare la possibilità di osare e spingerci ad immaginare la libertà e la passione insieme.”

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“ci fa sentire gli ideali di libertà”

di Mario Giancotti

Carissimo Amerigo,

continuando ad esternarti la gioia profonda che mi hai procurato con il tuo saggio storico-politico e pedagogico, documentando la tua vita nella comunità di Francavilla Angitola, ci fa sentire gli ideali di libertà e di partecipazione, passando dall’ambito famigliare alla partecipazione sociale e nel nostro caso socialista, mi sono trovato ripercorrere gli stessi ideali testimonianze nelle serate romane nel tempo della grande guerra.

Il tuo libro è uno spaccato di alta civiltà civica nelle diverse tappe della vita , ma soprattutto negli anni della formazione civica.

Un libro magistrale sotto ogni aspetto che regalerò a figli e nipoti, per inculcare principi fondamentali di libertà e democrazia.

Ti sono molto grato per questo gesto di alta amicizia che riconsolida nel tempo e fuori del tempo.

 Ti abbraccio molto affettuosamente.                                         Mario Giancotti

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“è una ventata di genuinità”

di Claudia Salvodori

Caro Amerigo,

in questo luogo di ampio respiro e bellezze naturali che ho avuto il piacere di conoscere non come turista ma entrando nelle case ordinate di Francavilla, conoscerti e leggere il tuo libro è stato un piacere prezioso. Saremo lieti di conoscere tua moglie appena si presenterà l’occasione.

E’ con viva ammirazione e affettuosa amicizia che ti salutiamo.

Claudia e Mario.

 “ Il libro di Amerigo Fiumara : Il PSIUP- Francavilla prima e dopo (“50-79), è una “ventata di genuinità” ed entusiasmo giovanile, traccia percorsi che aprono varchi a nuove idee, trovando riferimenti e regole nelle prime organizzazioni dove, dalla forte appartenenza alle proprie origini e dal profondo senso di giustizia, nasce una continua ricerca di conoscenza e di “legalità”, in un clima di profonda fratellanza.

Tali testimonianze di fermenti nati in un piccolo paese di emigranti, inducono, oggi più che mai, ad una profonda riflessione sul vero senso della vita e si proiettano nel mondo intero, unico “globalizzato”.

Con stima Claudia Salvatori                           30 Luglio 2013

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“evidenzia la geometria del tempo”

di Reginaldo D’Agostino

Molti scrittori scrivono per voluttà del rimpianto e tendono ad essere poeti, Amerigo scrive il vissuto per evidenziare la geometria del tempo focalizzando i punti fiduciali della vita.

 Spilinga 24 agosto 2013

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“un legame con il passato”

di Erminia Rizzo

Il merito principale di questo libretto, scritto in uno stile molto semplice e disadorno, consiste proprio nella intenzione da cui muove: il desiderio di recuperare tradizioni, abitudini, valori di un microcosmo, una piccola comunità composta da gente semplice, attiva, solidale, dalla vita sobria e modesta.

Questa “Operazione Nostalgia” risulta particolarmente efficace nella parte iniziale, dove l’autore rievoca con partecipazione e spesso con tenerezza la sua infanzia, i genitori, i compagni di gioco e le loro monellerie,la scuola, i suoi maestri.

In questo ritratto balzano vivi i volti che la forbice del tempo, per usare una espressione montaliana, non ha reciso.

Così mi è apparso commovente il ricordo di un gruppo di giovani che si raccolgono attorno ad un partito politico, animati dalla fede, dalla passione, dalla speranza che allora erano indispensabili per fare politica.

In questo ritratto ci ritroviamo un pò tutti, noi che non siamo più giovani e che abbiamo creduto nella possibilità di migliorare il mondo, oggi svanita.

Il libro, nel suo tentativo di ripercorrere il percorso storico del suo paese, cade però, talvolta, nella statistica, con lunghi ed aridi elenchi di nomi, attività, professioni.

Certo, se l’autore avesse avuto più frecce al suo arco e maggiore disposizione letteraria, avrebbe potuto, come hanno fatto tanti altri scrittori della sua terra, utilizzare i suoi ricordi e l’amore per il suo paese, per dare vita ad un’opera di più ampio respiro, ad un vero romanzo corale.

Nonostante i suoi limiti, bisogna ritenere decisamente apprezzabile il tentativo dell’autore di creare per le nuove generazioni, così disincantate e povere di valori, un legame con il passato , perché solo dal passato e da un vero rapporto con le proprie radici, può nascere il futuro.

Capo Vaticano 19 agosto 2013

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“sottrae all'oblio gesti ed ideali di un popolo”

di Marcella Mellea

Il Psiup-Francavilla prima e dopo(1950-1979): resoconto equilibrato e pacato di un’epoca in cui nascono il desiderio e la voglia, da parte degli uomini, le donne e i bambini di un piccolo paese del sud, di appropriarsi del proprio territorio e di sognare un futuro migliore.

Diversi sono gli episodi e i gesti che, pur semplici e piccoli, esprimono la ricerca della libertà e di riscatto di un territorio arretrato e talvolta dimenticato.

Grande merito va ad Amerigo Fiumara che attraverso una descrizione dettagliata, quasi fotografica - che riporta alla memoria personaggi, oggetti e paesaggi e la giusta dose di sentimento e nostalgia, che mai cade nel sentimentalismo - sottrae all’oblio gesti e ideali di un popolo.

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“incita al risveglio delle coscienze”

di Michele Petullà

Il Psiup e Francavilla - Affresco di un'epoca

Il P.S.I.U.P. – Francavilla prima e dopo (’50 – 79), il recente lavoro letterario di Amerigo Fiumara, rappresenta un contributo alla conoscenza, di fatti e persone, rivolto soprattutto ai giovani, alla ricerca di quel fondamentale senso di coesione sociale che, purtroppo, sembra essersi dissolto nel mondo di oggi, sotto i colpi duri di una cultura che esaspera la competizione e l’individualismo a discapito dei valori della solidarietà e della socialità. Assume, pertanto, il valore di documentazione e di testimonianza, ma anche di incitamento al risveglio delle coscienze assopite.

L’Autore ci offre, in questo scritto, una descrizione meticolosa e precisa, fin nei minimi particolari, di fatti e persone di una vivace e laboriosa Francavilla Angitola, tra gli anni ‘50 e ’70 del secolo scorso, alle prese, come tanti nostri paesi del tempo, con i suoi problemi, ma con la voglia di riscatto sociale, economico e culturale. Utilizzando un narrare che non concede spazio alle finzioni letterarie e un linguaggio asciutto, essenziale, popolare, ma assolutamente efficace, traccia, in buona sostanza, una fetta importante della storia di un paese del profondo sud, che ha ancora sullo sfondo le macerie lasciate dalla grande guerra, ma dinanzi la prospettiva e la voglia di crescita e di sviluppo.

Un periodo storico contrassegnato, in modo particolare, come l’Autore ci racconta, dai sacrifici affrontati dalle famiglie per consentire gli studi ai figli, che spesso erano di aiuto nei campi e nelle botteghe, un’adeguata istruzione che potesse consentire loro il miglioramento della vita e della condizione sociale.

Una vita di paese sicuramente più semplice di quanto lo sia quella di oggi, ma anche più serena, con i ragazzi che giocavano “a portata di voce della propria madre, nella propria ruga”. I ragazzi che andavano o mastru e le ragazze a maistra per apprendere un’arte o un mestiere, perché non tutti avevano la possibilità economica di proseguire gli studi oltre le elementari o le medie. Un periodo in cui le sezioni dei partiti popolari, di cui l’Autore parla nel suo libro, il PSIUP e il PCI, in particolare, ma anche la DC, svolgevano una grande funzione sociale in quanto punti di aggregazione, di scambio culturale, di discussione, di confronto e di scontro: una vera attività socio-culturale e politica capace di forgiare le coscienze e cementare le intelligenze di ogni classe sociale; appassionate discussioni nel nome di valori ormai sbiaditi, come la giustizia, l’uguaglianza, i diritti, la libertà; momenti ed occasioni di maturazione e di presa di coscienza necessari per la crescita ed il riscatto di ogni comunità.

Un periodo in cui, sembra ammonire l’Autore, ci si avvicinava alla politica per passione, con trasporto, senza chiedere nulla in cambio. Quanto sono lontani quei tempi, come stride forte quella passione politica, civile ed etica, quella tensione ideale, quell’impegno passionale, genuino, etico e gratuito con l’affarismo politico ed il vuoto di idee di oggi! Volendo guardare oltre le descrizioni di vita paesana che fa in questo lavoro, traspare evidente come Amerigo, giovane cresciuto col mito del “grande timoniere” Mao e del “Che”, per il quale “il vero rivoluzionario è guidato da grandi sentimenti d’amore”, attraverso questo affresco che dipinge con pennellate decise e variopinte, attraverso l’attenzione e l’appassionata partecipazione che pone verso i fatti e le persone che vi racconta, manifesta di avere un grande amore, un amore sincero per il suo paese natio, per i suoi abitanti, per la sua storia.

Nel suo raccontare, Amerigo è guidato da grandi sentimenti d’amore. Di più, il libro è tutto un grande atto di Amore verso il proprio paese. Nel suo raccontare, infine, Amerigo lascia trasparire una grande attenzione verso l’Uomo: l’Uomo nel senso gramsciano del termine, come processo e risultato delle proprie azioni, e l’Uomo in quanto tale, come fulcro di relazioni e di socialità, come crocevia di opportunità e di crescita umana.

Michele Petullà

Articolo apparso sul Quotidiano della Calabria il 3-10-2013

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“un grande affresco dipinto da un’abile mano”

di Gino Ruperto

Lettera pervenuta all’autore

omissis

E veniamo ora al tuo libro che mi è piaciuto molto per alcuni motivi che cercherò di riassumerti, sia pure brevemente.

Bisogna riconoscerti il merito di essere riuscito a scrivere un libro politico e nel contempo di memorie perché hai ricostruito in modo preciso un pezzo di storia del nostro piccolo e amato paese, suscitando grande interesse oltre che sentimenti di forte nostalgia non soltanto nei protagonisti, come molti di loro, da te interpellati, hanno riferito, a voce o per iscritto, ma anche nei lettori che rivivono o apprendono per la prima volta, come è capitato a me, fatti ed episodi che hanno caratterizzato la vita di una comunità anche se piccola ma allora molto coesa, politicamente evoluta e forse migliore di quella attuale grazie anche all’azione e alle iniziative di molti giovani, come te.

Credo di non sbagliare e neppure di esagerare se considero il tuo libro un grande “affresco”- dipinto da un’abile mano, sul quale risultano impressi in un susseguirsi di tempi, di azioni e di emozioni, personaggi e fatti incancellabili.

Il filo narrativo e conduttore del libro è prevalentemente politico perché è evidente che tutti gli episodi  - e sono molti – da te descritti si riconnettono ad un momento e ad un motivo centrale ed essenziale di tutta la narrazione che è quello politico.

Infatti, la creazione del Centro Giovanile Popolare, del complesso musicale (il gruppo folk), della squadra di calcio, del gruppo teatrale (quanti ricordi dell’opera sacra) e il “blocco stradale”, rappresentano plasticamente momenti di vera e propria aggregazione sociale di grande impegno e valore che solo la politica rende possibili ed esaltanti.

Tutte le iniziative e le esperienze di quegli anni, che abbracciano quasi un trentennio, hanno consentito di gettare dei semi che in parte sono germogliati, producendo molti frutti tuttora visibili ed apprezzabili.

Per uno come me che ha coltivato per tutta la vita l’interesse e la passione per “ la bella politica” il tuo libro mi ha fatto vibrare le corde della sensibilità e mi ha fatto riflettere positivamente su un periodo della vita francavillese di cui nulla sapevo.

Un particolare motivo di partecipazione e di interesse alla lettura del libro deriva in me dalla citazione di alcuni nomi di comuni amici e compagni – presenti attivamente a quegli avvenimenti – che mi sono stati e mi sono molto cari e vicini.

omissis

stralcio della lettera datata: Roma – 21-9-2013

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“una preziosa monografia su Francavilla”

di Imperio Assisi

Caro Amerigo,

ho trovato il tempo per gustare le rare notizie che dai sulla nostra Francavilla- Più che un disco monotematico sul PSIUP ai tuoi giovani anni, si può considerare una preziosa monografia su Francavilla.

Il mio primo anno d'insegnamento nella Scuola Media l'ho svolto a Francavilla. Puoi capire con quanta riscoperta nostalgia ho letto le 170 pagg. Tra gli argomenti riservati alla Francavilla di ieri non trovo notizie sull'istituzione della Scuola media con il nome di alunni, preside, professorei. Completa la ricerca e pubblica l'ottimo lavoro.

Imperio Assisi

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“un argine al nulla che avanza”

di Antonio D'Agostino

Caro Amerigo,

ho letto inizialmente con curiosità, poi con interesse e piacere il tuo libro su Francavilla.

In esso si intrecciano le storie e la storia, quella piccola certo, ma dalla quale attinge e si sviluppa il fiume della grande storia.

Hai realizzato un affresco che è al tempo stesso testimonianza d’impegno civile, sociale e politico, e atto d’amore nei confronti del tuo paese, dimostrando l’importanza di raccontarsi e raccontare fatti, personaggi, luoghi, passioni di una comunità.

Tutte cose fondamentali, soprattutto ai giorni nostri, perché c’è bisogno più che mai di ri-costruire memoria e identità per tentare di porre un argine ai processi distruttivi del nulla che avanza. Bravo!

Con stima, Tonino D’Agostino

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“una rappresentazione corale”

di Raoul Baratteri

Lettera                                                         Vibo Valentia   23 - 10 – 2013

Caro Amerigo,

la lettura del tuo libro, che non avevo inizialmente valutato perché letto in fretta e con uno stato d’animo non dei migliori, nel riprenderlo oggi, spiritualmente più sereno, mi ha aperto più che uno spiraglio, un profondo varco nella conoscenza di una realtà straordinariamente positiva di un angolo della Calabria, da TE così bene descritto più che negli aspetti socio ambientali, nel profilo umano della GENTE DEL SUD.

A me, giunto in Calabria da lontano, questo spaccato di vita della gente laboriosa e onesta che sa esprimere e rappresentare alti e nobili valori, mi concilia con un’umanità che non ho sempre amato.

Mi complimento con TE per come hai saputo con intelligenza morale, con coraggio non disgiunto da una forte fede negli ideali politici che professi,  descrivere un arco di tempo della TUA Francavilla e farne una rappresentazione corale allargata a tutte le componenti sociali del TUO paese.

Bravo!

Con stima e affetto -  Raoul

Condivido quanto ha espresso Raoul.

                                                 Affettuosamente – Maria Liguori Baratteri

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“un manifesto politico”

di Francesco Ciliberto

Caro Amerigo,

ti ringrazio molto per il libro che mi hai fatto avere. Ti ringrazio altresì per aver voluto citare il comizio che ho fatto a Francavilla Angitola insieme a te e all’avvocato Francesco Tassone in occasione delle elezioni regionali del 1975. Per chi come noi due non è pentito delle scelte compiute e non si è collocato “dall’altra parte’’, è un piacere rimembrare le lotte fatte per (come scrivi tu) il progresso economico, culturale e politico delle nostre comunità.

Il tuo libro non è solo pieno di ricordi ma rappresenta un’ulteriore dimostrazione che le battaglie per la democrazia e per la giustizia sociale sono state e saranno sempre fondamentali per chi non si rassegna allo stato delle cose.

Nel tuo libro che potrebbe sembrare un manifesto politico, hai saputo brillantemente mettere in luce come un punto di riferimento politico sia stato importante per la crescita di un’intera comunità attraverso numerose iniziative di carattere ludico (biliardino, complesso musicale, festa popolare, squadra di calcio ), culturale (gruppo folk, gruppo teatrale, pro loco, giornalino), politico (Centro Giovanile Popolare, Camera del Lavoro, le elezioni, il blocco stradale ) e socio-economico (cooperativa edilizia, l’alluvione e la ricostruzione).

Quanto tu descrivi e intrecci sapientemente è ciò che è avvenuto in tanti Comuni del Meridione, nel tuo paese come nel mio, dove ci sono stati tanti onesti lavoratori che hanno capito che il riscatto e l’elevazione sociale poteva avvenire solo attraverso la scuola (Gramsci su “ L’ Ordine Nuovo ’’ scriveva ai giovani di istruirsi, di agitarsi e di organizzarsi perché  c’era bisogno della loro intelligenza, del loro entusiasmo e della loro forza ) e successivamente ci sono stati i figli di questi lavoratori che sono diventati  “ intellettuali organici’’ ed hanno dedicato anni importanti della loro vita nelle lotte a difesa dei più deboli (ho citato ancora Antonio Gramsci dei Quaderni del carcere ).

La politica sapeva aggregare perché era anche espressione di passione e di ideali mentre, purtroppo, oggi si è “ spoliticizzata ’’ e i risultati catastrofici si vedono in tutti i campi poiché prevale il qualunquismo, il personalismo e l’autoreferenzialità.

Complimenti ancora per il tuo lavoro e grazie per le emozioni che mi hai fatto rivivere.

Francesco Ciliberto

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“meriterebbe d’essere diffuso tra i ragazzi ed i giovani”

di Giuseppe Pititto

Se dovessi esprimere con qualche parola soltanto il mio giudizio sul libro “Il PSIUP - Francavilla prima e dopo (’50-79)” di Amerigo Fiumara, direi che è un libro molto bello e importante. Ho appena terminato di leggerlo, se pure, a causa di un impegno di lavoro più urgente, mi ero ripromesso d’iniziarne la lettura per completarla in uno dei giorni successivi. Ma le prime pagine mi hanno legato sino all’ultima parola in questo pomeriggio d’una domenica di metà novembre.

E’ un libro, infatti, che si legge tutto d’un fiato, perché prende il lettore e lo fa ritrovare in quel di Francavilla, rappresentando in maniera quanto mai efficace, fin quasi a farla vedere, la realtà di questo piccolo comune calabrese nei più diversi aspetti e nell’evolversi del tempo: dagli scolari in grembiule nero che frequentano la scuola non in un apposito edificio ma “in stanze di case private, per lo più poste a pian terreno, senza servizi igienici e neppure attaccapanni”, rigorosamente distinti tra maschietti e femminucce cui insegnavano, rispettivamente, maestri e maestre, ai punti di aggregazione, il bar Barbina e il bar Carchedi, frequentati il primo da “professionisti” e il secondo da “lavoratori” in un ambiente “ove già esisteva una divisione netta di carattere politico, se così si può dire”, chiarisce l’Autore.

Perché, in quel di Francavilla, le contrapposizioni tra i due schieramenti politici – coloro che stavano col sindaco del tempo e quelli ch’erano contro – non impedivano che nei reciproci rapporti la solidarietà prevalesse.

Una solidarietà – che oggettivamente v’era e Amerigo evidenzia con orgoglio – soprattutto tra i lavoratori che nel 1950 danno vita alla Cooperativa Edilizia di Francavilla aprendo numerosi cantieri in diversi comuni della provincia realizzando case che “dopo oltre 60 anni stanno ancora in piedi e sono regolarmente abitate dagli assegnatari o dai loro eredi”. Una solidarietà mista a spirito di libertà che induce quel gruppo di persone che abitualmente frequentava il bar Barbina ed era “stanco di attenersi alle rigide regole del proprietario, che a mezzanotte chiudeva ed esigeva la relativa consumazione da chi giocava a carte o guardava la tv”, a “fondare un circolo ricreativo ove riunirsi per discutere, guardare la tv in compagnia, giocare a dama e carte fino a tarda ora, senza limiti di orario”. Una solidarietà che si manifesta anche in quel “prestare” la bicicletta dai pochi fortunati che l’avevano ai propri compagni “per farsi dei giri ed impararla bene”. Una solidarietà mista a intraprendenza che nel 1963 induce Amerigo a tirar fuori i soldi che aveva ricavati – lui li chiama “risparmi” se pure ammette che la vendita era avvenuta “all’insaputa” dei suoi – vendendo polli del pollaio di famiglia, per comprare le magliette da calciatori ai ragazzi che “si accingevano a costruire una vera e propria squadra di calcio”. Una solidarietà carica di passione civile che, agli albori del 1964, porta Amerigo a dar vita a quella che lui chiama “l’avventura del P.S.I.U.P. di Francavilla”, arredandone la sede con una scrivania e due banchi regalatigli dagli zii Orazio e Quintino e con un televisore “di circa un metro cubo di volume” prelevato da casa dei nonni “tra la benevola tolleranza del nonno Foca, pure democristiano, e l’infuocata incazzatura di nonna Nicolina”.

Attraverso i pochi e brevi richiami che precedono, spero d’aver reso l’idea di quanto il libro di Amerigo sia capace di “prendere” il lettore tenendolo incollato alla rappresentazione d’una realtà nel suo evolversi – o, a me pare, involversi – nell’arco di un trentennio.

Una rappresentazione che dà senso e attribuisce funzione al libro già nella misura in cui aiuta a conoscere una realtà locale che fu in tempi non lontanissimi, ma che tali appaiono alla luce del presente. Per raffrontarla con la realtà attuale allo scopo di recuperare valori che furono e oggi più non si ritrovano se pur restano valori senza cui è l’individuo stesso a perdere di valore: penso alla solidarietà e alla passione civile, soprattutto. Una rappresentazione che dà ancor più senso e ancor più rilevante funzione attribuisce al libro nella misura in cui la realtà che ne è oggetto, dichiaratamente una realtà locale, finisce col coincidere, per ciò che più non ha, con la realtà del Paese intero. Un libro che, facendo conoscere, aiuta a riflettere, quello di Amerigo Fiumara.

Un libro che meriterebbe d’essere diffuso, tra i ragazzi, i giovani soprattutto. Perché sappiano che vi fu un tempo in cui si credette in qualcosa e ci si impegnò per ciò in cui si credette. Che vi fu un tempo in cui non erano i pigmei a proiettare le ombre. Come oggi è.

Roma, 17 novembre 2013

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“traspare la genuinità dei sentimenti

di Luigi T. Achille

Due parole su "Il P.S.U.P. – Francavilla prima e dopo ('50-79)"

La specificità dell'argomento trattato ed il circoscritto ambito spaziale e temporale del tema, inducono a pensare che dal libro "Il P.S.U.P. - Francavilla prima e dopo ('50-79)" di Amerigo Fiumara, debbano scaturire per il lettore solo riflessioni, per forza di cose, circoscritte alle vicende narrate dall' autore.

Ma man mano che la lettura procede, l'opera, sempre puntuale, coinvolgente e rigorosamente documentata, rivela contenuti più complessi, anche se esposti con un costrutto semplice e lineare, proprio di chi ha a cuore la divulgazione di massa del sapere. Le vicende di Francavilla e dei suoi protagonisti non sono infatti solo l'analisi storica e sociale di un territorio, ed il racconto di come un partito e le sue eredità politiche abbiano operato in una comunità meridionale per circa tre decenni. Il libro narra anche, sia pur non in maniera esplicita, la storia di una generazione, quella di Amerigo, che ha creduto fortemente nel primato della politica, nel vivere e nel crescere assieme, che ha sognato e combattuto per costruire un mondo nuovo e migliore, riuscendo, con la forza delle idee, a cambiare parecchie cose e ad ottenere importanti conquiste sociali e civili.

Quanto raccontato, inoltre, non appassiona solo chi conosce luoghi e persone citati, proprio perché le vicende narrate, con i loro risvolti culturali e con le problematiche affrontate, sono simili a quelle vissute nello stesso periodo anche in altre parti d'Italia, magari in contesti ambientali differenti, ma sempre da individui accomunati dal medesimo ideale politico. C'è anche da dire che il filo conduttore del libro non è solo la condivisione, da parte dei personaggi e del suo autore, dei valori fondanti di un partito, ma è anche il loro costante impegno alla coerenza tra quanto teorizzato ideologicamente e l'azione nelle cose pubbliche.

E' ammirevole riscontrare come nei fatti raccontati non si ravvisano risvolti faziosi, tipici di quel periodo storico con forti contrapposizioni ideologiche, nè momenti rivoluzionari, per così dire, di maniera, all'epoca spesso presenti perchè frutti di una moda imperante invece che di una reale tensione sociale; traspare invece la genuinità dei sentimenti, la buona fede nell'agire, la determinazione che proviene dalla convinzione della giustezza di quanto teorizzato.

Oggi, però, l'appartenenza ad un raggruppamento politico, come un partito, avviene senza che esso abbia una ben definita ideologia di riferimento che accomuni, che verifichi e garantisca la giustezza delle scelte operate da chi governa, e così l'adesione avviene con la condivisione di un programma, possibilmente generico e duttile, o con il lasciarsi coinvolgere dal reale o presunto carisma del leader di riferimento che, di solito, porta avanti qualche slogan preferibilmente populista e di sicura presa: tutto ciò non può non indurci a pensare che l'avventura della comunità francavillese è stata qualcosa di irripetibile, e che ha fatto bene l'autore a mantenerla viva nella sua opera.

Così questa testimonianza di Amerigo Fiumara riesce mirabilmente a infondere ad una dettagliata descrizione degli eventi, articolati quasi con taglio giornalistico, i tratti di una poetica e mai banale nostalgia; inoltre ha il merito di riscoprire la storia di un territorio e di una generazione in un particolare periodo storico, ma anche, grazie allo slancio ed all'entusiasmo che traspaiono dalle righe del suo scritto, ci esorta a continuare ad agire, lottando contro l'indifferenza e la rassegnazione, per la costruzione di una società più giusta.

Luigi T. Achille

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“un autentico patrimonio culturale”

di Raffaele Mammoliti

           Dopo l'incontro dell'altra sera ho avuto modo di leggere il libro "Il P.S.I.U.P. - Francavilla prima e dopo (50-79)". Mi permetto di fare la seguente considerazione:-Un lavoro che offre uno spaccato di vita sociale-culturale-politica di una comunità in cui la Militanza ha rappresentato un tratto distintivo dell'attività di AMERIGO FIUMARA che con impegno generoso e determinato è riuscito a dare un contributo di orientamento positivo per la crescita civile e democratica di quel Paese e non solo.

Mi sembra un autentico patrimonio culturale a cui attingere per aiutare l'attuale fase della vita politico-democratica e istituzionale del Paese a superare la profondissima e, purtroppo, strutturale crisi di sistema.

Una crisi di sistema che è soprattutto crisi di identità e di valori. Oggi prevale l'individualismo e sovente l'interesse generale viene sacrificato e fagocitato dall'interessa personale o da interessi oligarchici non sempre trasparenti.

Nel libro si coglie invece un approccio e un modo concreto di fare Politica che dovrebbe diventare nell'attuale fase un riferimento etico per tutti. Il valore dell'affermazione dell'UGUAGLIANZA e della GIUSTIZIA SOCIALE erano e restano ancora orizzonti da traguardare, conquistare e consolidare.

I passaggi che considero di enorme portata etico-sociale sono: la Cooperativa considerata un segnale di libertà economica; la Camera del Lavoro come liberazione della sudditanza dei lavoratori soprattutto per gli EDILI e i BRACCIANTI; il "Figlio del Popolo" definizione bellissima utilizzata per indicare il giovane dirigente del P.S.I.U.P.

P.S.

Ho conosciuto AMERIGO FIUMARA in occasione della realizzazione dei Progetti Speciali "SOS CALABRIA PULITA" e "Fiumare Pulite".

Il confronto non è stato nè semplice nè scontato.

Voglio riconoscere pubblicamente la sua straordinaria capacità gestionale e amministrativa messa a disposizione in quell'esperienza inedita affidata allora alle COMUNITA' MONTANE. Si confrontava con le OO.SS e con i FORESTALI con un linguaggio diretto, esplicito e con tono deciso nei momenti di confronto più aspri affermava: sono un COMUNISTA.

Per tale ragione mi viene facile immaginarlo quando dal palchetto alla chiusura della campagna elettorale, affermava "chi non vota Comunista è un cornuto". GRANDE!

Naturalmente il riconoscere l'infelice affermazione dimostra tutta la correttezza civile e democratica di chi ha conosciuto una formazione pedagogica-politico-ideale di altri tempi.

Complimenti sinceri per questo importante racconto e saluti fraterni.

Vibo Valentia li, 24 Dicembre 2013

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“una storia vera, vissuta con intensità e consapevolezza”

di Franco Ciancio

 Sant’Onofrio, 2 gennaio 2014

 Caro Amerigo,

ho letto con attenzione ed interesse il documento che mi hai consegnato: non si può che rimanere commossi dai tuoi precisi ricordi di un passato limpido e certo, che nelle pagine del testo cantano l’inno alla Francavilla di un tempo. L’idea di salvare una pagina importante di storia locale e, soprattutto, di raccontare ai posteri il Mondo in cui si è formata la tua generazione, è risultata cosa gradita a coloro che, come me, si sono formati nelle stanze di sezioni e circoli e sono figli della tua generazione.

In fondo, il libro è la dimostrazione di un atto estremo di rifiuto della tendenza che fischia l’anti ideologismo, mentre contiene un’ideologia forte e subdola che, in pochi anni, sta deformando le numerose conquiste raggiunte con immensi sforzi e sacrifici.

Quel che più mi entusiasma è la tua capacità di far riflettere ed emozionare, a costo di rendere banali le storie, che banali non sono! Spesso la storiografica ha dimenticato di privilegiare la presenza umana: tu vai controcorrente e la sfilza di nomi (a molti di non sconosciuti) rendono la “tua storia” una storia vera, vissuta con intensità e consapevolezza, oggi come allora, via maestra per le future generazioni.

Scusami se ho avuto il desiderio di mettere nero su bianco i pensieri che mi hai ispirato la lettura del tuo libro: orami è cosa fatta e con immenso piacere te li trasmetto, sperando di fare cosa gradita;

un affettuoso abbraccio

Franco Ciancio,

già Sindaco di Sant’Onofrio e ultimo segretario del locale circolo dei DS.

Appunti in merito alla pubblicazione dell’ing. Amerigo Fiumara: “Il Psiup – Francavilla prima e dopo (‘50-79)”

La presenza dei quartieri Pendinu e Adirtu che dividevano il paese di Francavilla, tra i poveri dell’epoca e la piccola borghesia benestante, ricordano la separazione netta che a Sant’Onofrio regnava tra gli appartenenti ai due circoli ricreativi: quello di Riunione (dei nobili) e l’Aurora (degli operai e contadini); una divisione che si vedeva a vista d’occhio, anche nella stessa piazza, dov’erano entrambi ubicati: da un lato passeggiavano quelli di destra, dall’altro quelli di sinistra.

Nascono le Spighe a Francavilla come pure a Sant’Onofrio; nasce la Stella d’Argento a Francavilla e a Sant’Onofrio si forma la Stella Azzurra: due paesi e due storie diverse, ma con giovani accomunati dagli stessi miti, gli stessi sogni, lo stesso linguaggio: la spiga, la stella, la sinistra, il Psiup.

Per me più che un ricordo personale e diretto, il Psiup ha da sempre rappresentato l’approccio giovanile che mio padre ebbe con il paese, allorquando, rientrato dalle Americhe, faceva i primi passi nel nostro mondo italiano del Sud, che aveva lasciato a quindici anni: i ricordi continui dei pochi compagni che avevano condiviso con lui quel breve percorso, i simboli e i segni, l’enorme striscione esposto in occasione delle elezioni, i pochi documenti custoditi nel fondo di un tiretto di un vecchio tavolo di legno, come in uno scrigno segreto si custodiscono i ricordi più cari e indelebili.

Un Psiup che a Sant’Onofrio non si sviluppa, forse perché imbrigliato nelle questioni di amministrazione locale; l’unico, vero, obiettivo della sinistra paesana sembrava appiattirsi sulla conquista del Municipio, che appariva all’epoca la vera macchina per condurre il paese allo sviluppo più veloce.

La nascita della lista delle Spighe a Sant’Onofrio nel 1952 e la conquista dell’Amministrazione nel 1964 contribuirono certamente ad affievolire la visione utopica nazionale e internazionale della locale sinistra e a disegnare quasi esclusivamente le questioni di carattere locale. Un’Amministrazione che univa, già a metà degli anni Sessanta, i compagni comunisti e socialisti, con l’aggiunta di importanti pezzi di indipendenti vicino al centro, alla destra e finanche alla Chiesa. Giovani e meno giovani che hanno dato voce e azione alle proteste e alle aspettative di un mondo in evoluzione e di uno spirito sopito da anni di guerre, povertà, disuguaglianze, promesse, dogmi e certezze.

I ricordi e la militanza di Amerigo rappresentano simbolicamente l’energia positiva che tutto il Mezzogiorno d’Italia ha saputo sprigionare in quegli anni di intensa luce ideale, che dal dopoguerra ci ha condotti fino agli ultimi anni del XX secolo: quell’energia fosforescente, che trasmetteva da una parte entusiasmo e voglia di crescita e dall’altra un progetto per il futuro: di utopie e di amore, di giustizia ed equità, che mostrava le basi forti per la nascita di una società onesta e armoniosa.

Grazie ad Amerigo, questa nicchia dorata di avvenimenti rimarrà scritta per sempre e tramandata a tutti coloro che avranno il desiderio di imparare e approfondire la nostra storia.

Oggi le differenze che storicamente hanno caratterizzato le divisioni sociali e ideologiche non esistono più, sono state superate: dagli eventi, dall’intervento di alcuni protagonisti politici, dalla caduta anche fisica del muro di Berlino.

A Sant’Onofrio, come in larga parte del territorio vibonese, alcuni muri sono crollati e alcune storie personali sono state lasciate libere di muoversi su alvei nuovi e diversi dagli stereotipi del passato, consegnando al presente nuova linfa e nuovi personaggi.

Per quanto è dato sapere, la storia non si può cambiare, rimane pesante sulle nostre spalle e sul nostro futuro; è compito di ognuno di noi assorbire contemporaneamente il male ed il bene e, fondendoli, riuscire ad illuminare le strade del nostro cammino.

È favolosa l’espressione di Amerigo quando cristallizza il ricordo degli anni Sessanta come una “magica atmosfera”: un pensiero che da solo è il compendio di una generazione felice e festosa, che sognava ed era carica di utopie: le novità americane, le canzoni e il mangiadischi, le festicciole in casa, il cinematografo e i fotoromanzi, la vespa, la Fiat e  la corriera, che portava al mattino gli scolari insieme ai braccianti agricoli.

Triste ma significativa è la semplice e al contempo pesante frase di Amerigo che diviene pietra miliare del suo libro-documentario: l’emigrazione e lo scioglimento del Psiup hanno interrotto un periodo magico di Socialismo a Francavilla. Così potrebbe concludersi il testo, con questa frase potremmo concludere ogni analisi e relazione su quel momento storico; se volessimo riprogettare un futuro imperioso e fecondo, sarà necessario riappropriarsi dei sogni; quella volta, il sogno di quella determinata generazione è stato il Socialismo! E come scriveva Cœlho, Amerigo e la sua generazione hanno cercato di viverlo seguendo gli insegnamenti del proprio passato e i sogni del proprio futuro.

Sant’Onofrio ha avuto pochi giovani che si sono iscritti al Psiup e l’avventura  è durata poco; solo qualche documento ha lasciato la traccia di una testimonianza concreta.

La storia politica di Sant’Onofrio è diversa da quella di Francavilla: dal 1964 in poi (con esclusione di due esperienze del 1980 e del 2002) Sant’Onofrio è stata amministrata da uomini di sinistra, fino all’ultima esperienza personale, durata purtroppo solo diciotto mesi e della quale ci sarebbe tanto da dire e da ridire; ma questa è un’altra storia!

È bello leggere le scuse che Amerigo fa pubblicamente ai suoi compaesani (e in un tempo lontano dai fatti e, dunque, lontano da ogni interesse), in merito ad una frase sgarbata rivolta durante le elezioni del 1975: spero che queste scuse facciano riflettere ogni lettore. È umano sbagliare e, a volte, dipende anche e soprattutto dal contesto che determina l’effetto massa; è importante, però, avere il coraggio di chiedere scusa e ricordarsi che non è mai troppo tardi per farlo.

Ed io ringrazio Amerigo per averlo fatto, perché mi dà l’opportunità di chiedere anch’io scusa ai miei compaesani, per gli errori e le offese somministrati in coscienza o accidentalmente.

Concludo, ripensandomi quale ultimo segretario dell’unità di base dei DS di Sant’Onofrio: non tutti sapevano che Amerigo è stato tesserato nelle file del Pci di Sant’Onofrio, in quella sezione intitolata al carissimo e compianto compagno Gregorio Crudo (nonno di mio suocero): uomo d’altri tempi, che ha propugnato e sostenuto per tutta la vita il riscatto dei più umili, per il bene della Patria e dell’Umanità e che, morto da ateo, ha lasciato un testamento di vita vissuta, ancora oggi portata ad esempio.

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“una indiscutibile testimonianza”

di Francesco Gallo

Carissimo Amerigo,

ti invio le mie brevi considerazioni sul tuo libro caratterizzate da assoluta sincerità perché vogliono essere, in qualche modo, un invito a continuare il tuo lavoro di recupero della nostra memoria e della nostra identità meridionale.

Prima della lettura il titolo del tuo libro “Il P.S.I.U.P -. Francavilla prima e dopo (50/79)” mi aveva fatto pensare ad una ricostruzione della storia locale negli anni che vanno dal dopoguerra alla fine degli anni settanta attraverso documenti, fonti e dati statistici e inserita nel contesto più ampio della storia del Meridione e dell’Italia. Non capivo nemmeno, leggendo il titolo, quale fosse la cesura temporale che separava il prima dal dopo.

Dopo aver letto il libro mi sono reso conto che il libro è un viaggio nella memoria, una cronaca della vita di un paese del sud in un arco temporale filtrato attraverso la tua esperienza diretta, quella dei tuoi amici e dei cittadini di Francavilla, presentati con nome e cognome, ruoli, funzioni e attività; una narrazione che ha il rimo di un racconto corale, i cui personaggi sono tutti i cittadini del borgo; una narrazione cioè che riporta luoghi, attori ed eventi, anche di notevole rilievo, ma di cui non si fa un’analisi critica e non prende in considerazione, se non in pochissimi casi, cause, interferenze o ripercussioni.

Ho capito che il limite ma nello stesso tempo il valore del libro stavano in un’ impostazione ove fatti politici e vita sociale, alternandosi, si incontrano ed ove le fonti sono ricordi che hanno, comunque, il valore di una indiscutibile testimonianza.

Una storia, la tua, che voleva, forse, essere locale ma su cui incombe una possibile chiave di lettura localistica:

- per i riferimenti a volte poco importanti dal punto di vista della ricostruzione storica anche se poi acquistano il significato di far entrare nella storia del paese persone umili: commovente, per esempio, il ricordo del netturbino che “portava i rifiuti alla discarica comunale sita alla fine di via 2° traversa, di fronte casa Attisani”(pag 16);

- perché, in parte, si perde di vista non solo l’incontro/scontro tra particolare e generale (un lavoro di radicamento territoriale non consente di ignorare l’orizzonte per cui quel radicamento acquista senso) ma anche perché un percorso storico, nel mentre individua un’identità territoriale, non può ignorare i valori generali di riferimento;

- perché, in sostanza, si dà per scontato il quadro generale in cui si inserisce  la storia di Francavilla di quegli anni; i pochi riferimenti occasionali, esistenti nel testo, se possono essere sufficienti per chi quegli anni li ha vissuti, non sono sufficienti ai giovani per farsi un’idea della realtà storica del tempo.

Ma il libro, al di là dei limiti indicati, posti probabilmente da te stesso, se la chiave di lettura cambia, acquista un inestimabile valore:

- per te che hai ritrovato pienamente te stesso, hai guardato dentro la tua storia mettendo a nudo i tuoi sentimenti, il tuo senso si appartenenza, il tuo radicamento nel territorio e nella comunità. Hai chiamato, nel nostro tempo indifferente, i tuoi paesani alla cittadinanza attiva, hai ricordato loro di guardare indietro per guardare meglio avanti, li hai riuniti intorno ad un tavolo e, secondo me, hai detto loro: io ci sono stato e ci sono, noi ci siamo stati e ci siamo ancora; E’ indubbio, infatti, che il tuo racconto ha una forte connotazione autobiografica anche se essa si scioglie nel tuo tenero abbraccio alla comunità nella quale hai vissuto gli anni suoi più belli e più sofferti della tua vita;

- per i membri della comunità che si sono riconosciuti reciprocamente nelle abitudini, nelle tradizioni, nei fatti, nelle azioni, nei valori vissuti e nel linguaggio ricco di parole dialettali e di risonanze nostalgiche comuni e perché, con quel racconto, insieme, sono fuoriusciti, in qualche modo, dall’oblio;

- per i giovani, per i quali lo studio della storia locale dovrebbe essere un diritto e che, purtroppo,  ancora numerosi problemi ne impediscono l’insegnamento. La lettura del tuo libro  potrebbe costituire un primo approccio concreto alla storia locale come espressione di cittadinanza vissuta e di identità, e ai luoghi come possibili scenari formativi non solo per la riattivazione della dialettica memoria/oblio ma anche perché attraverso la storia del territorio essi possono maturare uno sguardo storico più ampio;

-per i valori di democrazia e di giustizia affermati con grande sensibilità umana e politica e  convinzione;

-per la freschezza di un racconto di vita vissuta e sofferta negli anni del secondo dopoguerra;

-per il recupero della memoria, che di per sé dilata il tempo, in un momento come quello attuale che ci condanna ad un eterno presente;

- per il tono pacato del racconto e per l’approccio narrativo che rifiuta ogni retorica ed ogni moralismo e ci fa comprendere la tua personalità caratterizzata certamente da una forte carica emotiva, da una visione laica della vita e da una concezione politica radicale ma anche,  e soprattutto, dall’esigenza di dare significato e senso alla tua vita e a quella della tua comunità.

                                             Un affettuoso abbraccio

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“un ancoraggio forte ad una identità territoriale e politica”

di Pino Ceravolo

 Dopo tanti anni, Amerigo restituisce il luogo del pensiero che ha connotato la sua formazione nella dinamica indicata dal sottotitolo che segue in copertina il nome dell’autore “Il P.S.I.U.P. – Francavilla prima e dopo (50-79)”.

Questi anni sembrano costituire gli elementi unificanti della sua appassionata cultura sociopolitica. Amerigo Fiumara compie un tentativo di storicizzare ricordi e nostalgie tentando di recuperare e interpretare avvenimenti ed eventi per farli diventare riferimenti e modelli di confronto che motivano, impegnano ,orientano.

In tutte le pagine i francavillesi si riconosceranno in un volto, in un oggetto, in un ambiente che assumeranno cosi valore di testimonianza, documento, identità.

Il libro suscita certamente ricordi ed emozioni attraverso raffigurazioni e rimandi ricchi di particolari e di sentimenti, ma è anche uno strumento per momenti di aggregazione, approfondimenti e riflessioni sul com’eravamo e perché e sul come siamo e perché.

Amerigo non ritrova solo volti e luoghi ma una storia e una geografia,tradizioni e comportamenti di uomini positivi,la modestia, la capacità,l’intelligenza caratterizzata da voglia di vivere, crescere e migliorare dei cittadini del suo paese.

Il lavoro di Amerigo suscita non solo ricordi tenerissimi per persone e luoghi che i francavillesi conoscono e per i quali si appassionano ancora oggi, ma è utile anche per un confronto su un discorso che riguarda tradizione,impegno civico e principi.

L’autore restituisce a se stesso e a tanti suoi cari ed amici una storia piena di interessi e il valore della memoria, cosi importanti in questa prolungata fase di disorientamento e disimpegno politico.

Conosco bene Amerigo e gli sono affezionato. L’attaccamento al suo paese ,i suoi rimandi intrisi di nostalgia e immutata passione civile, sono un ancoraggio forte ad una identità territoriale e politica che si è sviluppata e irrobustita negli anni e ben evidenziata sia nella prefazione di Giuseppe Lavorato sia nella postfazione di Francesco Daniele.

Il libro si apre con brevi tratti che ancora connotano la geografia e la toponomastica di Francavillae via via scorrono indicazioni sulla composizione sociale del paese,le tradizioni operose e gli spazi d’impegno,le prospettive di democrazia che si conquistavano nel circolo ricreativo, nella camera del lavoro,nella squadra di calcio, nel centro giovanile, nel primo giornalino, nella sezione del PSIUP “che non fu una sezione di partito ma un fenomeno dai risvolti socio-culturali notevoli ed ebbe come dote un apparecchio televisivo donato da uno zio che militava nella D.C”.

E poi episodi che appartengono alla nostra storia recente vissuti con il ritmo che solo i giovani sanno imprimere e raccontati con giovanile entusiamo: il ’68, la contestazione, i boia chi molla, il compromesso storico.

La mia formazione è diversa da quella di Amerigo. Considero però positivi i tratti di forte identità presenti nel libro che possono essere considerati utili paradigmi rispetto alla superficialità mass-mediatica che rende più fragili e permeabili. Il lavoro di Amerigo dimostra che dalla passione politica seria scaturiscono impegno sociale, ricerca e confronto culturale.

 

La conclusione di Francesco Daniele mi richiama un’altra poesia di Bertolt Brech, che mi sembra utile ricordare e può essere un contributo alle domande che il libro inevitabilmente pone:

 

A chi esita.

Dici: per noi va male. Il buio cresce.

Le forze scemano.

Dopo che si è lavorato tanti anni

noi siamo ora in una condizione

più difficile di quando si era appena cominciato.

Il nemico ci sta innanzi più potente che mai.

Sembra gli siano cresciute le forze.

Ha preso un’apparenza invincibile.

E noi abbiamo commesso degli errori,

non si può negarlo.

Siamo sempre di meno.

Le nostre parole d’ordine sono confuse.

Una parte delle nostre parole le ha stravolte il nemico

 fino a renderle irriconoscibili.

Che cosa è errato, ora, falso, di quel che abbiamo dett ?

Qualcosa o tutto? Su chi contiamo ancora?

Siamo dei sopravvissuti, respinti via dalla corrente?

Resteremo indietro, senza comprendere

più nessuno e da nessuno compresi?

O contare sulla buona sorte? Questo tu chiedi.

Non aspettarti nessuna risposta

oltre la tua.

Giuseppe Ceravolo

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“trasmette una spinta propulsiva ai giovani

di Micuccio Cugliari

Ringrazio il compagno Amerigo per avermi fatto rivivere con il suo pregevole “Il PSIUP- Francavilla prima e dopo (’50-79)” gli anni ormai molto lontani della mia prima giovinezza, costellati dalla partecipazione entusiasta alle prime manifestazioni socio-politiche organizzate dai rinati partiti politici.

Quelle varie iniziative, se pur, ovviamente, diverse per contesto temporale, territoriale ed organizzativo da quelle promosse e realizzate dai giovani di Francavilla, raccontate con profonda passione e struggente nostalgia da Amerigo, erano, sostanzialmente, identiche nelle finalità: promuovere “il progresso economico, culturale e politico della nostra Comunità” (come nella dedica al libro).

Amerigo ha svolto un lavoro meritorio e prezioso: il libro trasmette una spinta propulsiva a quei giovani (per fortuna ce ne sono ancora tanti) che credono nella forza della politica e con entusiasmo e purezza di ideali lottano per un mondo migliore; inoltre descrive, con un linguaggio da cronaca giornalistica, un trentennio di storia francavillese che non è entrato nella Storia, ma che non poteva assolutamente cadere nell’oblio: è la storia straordinaria di una generazione di giovani che non si è rassegnata all’indifferenza, alla immobilità, al conformismo, ma ha seguito una bandiera, ha creduto in nobili ed alti ideali e, in un clima di gioiosa partecipazione, si è impegnata a professarli e a diffonderli come ha saputo, come ha potuto, ma sempre con la schiettezza dei sentimenti e l’entusiasmo propri dei giovani.

Il libro è un’opera che dovrebbe essere letta non solo dai giovani, ma anche dai compagni anziani, i quali stimolati dal lavoro di Amerigo, sul suo esempio, in onore di un glorioso passato, si accingessero a raccontare le attività sociali e politiche svolte nel proprio paese; verrebbero, sicuramente, alla luce tante ministorie, testimonianza di esemplare dedizione alla causa del riscatto sociale, le quali nel loro insieme formerebbero un panoramico mosaico di una ben ramificata e radicata vitalità politica “necessaria - come afferma Giuseppe Lavorato nella prefazione - per capire il percorso complessivo che abbiamo compiuto”. In un periodo caratterizzato da frequenti scontri sociali e politici, che sfociavano spesso nella violenza, sorprende piacevolmente constatare che a Francavilla gli episodi narrati si siano svolti in un clima di tranquilla quotidianità senza momenti di tensione, mentre, al mio paese, i rapporti tra gli avversari, salvo qualche lodevole eccezione, erano molto tesi; durante una campagna elettorale amministrativa, per un manifesto illegalmente coperto da quello della lista avversaria, si finì in Pretura.

È ammirevole il fervore operativo dei giovani di Francavilla; per merito loro il paese sembrava un cantiere sempre aperto; vennero promosse tante innovative e lodevoli iniziative che coinvolsero anche le ragazze e favorirono la nascita di diverse associazioni giovanili: il Complesso Musicale, il Gruppo Folk, il Gruppo Teatrale, il Centro Giovanile Popolare, il Club, il Circolo Sportivo, la Pro- Loco, il Giornalino, sempre a numero unico, che fecero di Francavilla, rispetto ai paesi limitrofi, un piccolo centro avanzato sul piano sociale, culturale e artistico. Ad Amerigo, che con la sua appassionata ricostruzione di eventi che hanno segnato una generazione, mi ha fatto rivivere, con emozione, esperienze similari vissute in prima persona durante il corso di una lunghissima, entusiasmante, intensa e gratificante militanza politica, va il mio grazie di cuore e il mio più sincero Ad maiora semper.

Sant’Onofrio, 19 gennaio 2014

Micuccio Cugliari,

già segretario della sezione comunista e vicesindaco di Sant’Onofrio

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"consente di respirare il clima di quel periodo"

di Domenico e Lella Grillo

La magia di questo libro consente al lettore di accompagnare Amerigo Fiumara nel viaggio tra la memoria giovanile. Le passioni, gli amori, gli incontri vissuti attraverso la sezione di un partito, che costituiva punto di riferimento e di incontro nel paesino di Francavilla.

La storia della Sezione del PSIUP che si intreccia con l’evoluzione culturale, sociale, ideologica nel piccolo borgo, accompagnando il lettore dal boom economico del dopoguerra fino ai recenti anni 80, caratterizzati dal terrorismo e dal crollo delle ideologie.

Protagonisti del libro sono gli abitanti di Francavilla,  menzionati singolarmente; indicandone la professione, le abilità, le competenze, l’impegno profuso per lo sviluppo del loro Comune, l’Autore attinge direttamente ai ricordi dei protagonisti per descrivere un’epoca indimenticabile.

I brevi capitoli costituiscono un caleidoscopio di immagini, un flash su esperienze comuni vissute nei piccoli paesi calabresi, valido non solo per Francavilla, dove le difficoltà economiche, l’emigrazione venivano combattute con una grande voglia di vivere, con l’ottimismo degli anni sessanta.

L’Autore descrive il puro divertimento della giovinezza, le gite in vespa, le prime 500, le sfilate in maschera con le motociclette, il tutto grazie alla sede di un partito che costituiva il punto di riferimento, di incontro ed emancipazione culturale degli abitanti di Francavilla.

Avere una sede significava incontrarsi in luogo diverso dal bar (dove erano costretti a consumare ed a rispettare gli orari) , avere piena autonomia, poter discutere fino a notte fonda, poter vedere la televisione insieme e partecipare ai tornei interminabili di calcio-balilla.

Le discussioni politiche si concentravano sulle differenze culturali tra il blocco sovietico e l’imperialismo americano (secondo la definizione dell’epoca).

La piacevole lettura di questo libro consente di respirare il clima di quel periodo, costituendo un buon amarcord per coloro che hanno vissuto quegli anni mentre per i giovani sarà utile immergersi nella sana ideologia politica che ha animato per tanti anni le interminabili discussioni dei loro padri.

Un ringraziamento ad Amerigo per l’opportunità offertaci di leggere questo splendido libro.

                                                                             Domenico e Lella Grillo

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“ha fatto rivivere momenti e ricordi di uno spaccato popolare”

di Walter Fiumara

Il libro di Amerigo ha fatto rivivere momenti e ricordi di uno spaccato popolare a molti francavillesi.

Molti nostri concittadini mi chiamano, mi fermano per strada, con entusiasmo, mi testimoniano che hanno avuto piacere di leggere il libro e che sono stati rapiti dai racconti, dalle esperienze positive che in questo paese sono nate, dai personaggi descritti e menzionati. Mi chiedono dell'autore, di come è nato questo lavoro, se possono avere copia da girare ad amici e parenti, insomma incasso una serie di considerazioni positive su una pubblicazione imprevista ma che tutti aspettavano per poter parlare di quegli anni, di quei fatti e di quei personaggi cosi semplicemente descritti.

Certamente non è la storia completa di quegli anni e nemmeno ha la pretesa di esserlo, non è questo l'intento dell’autore credo.

Sono racconti, ricordi, testimonianze di momenti di aggregazione sociale che i francavillesi hanno saputo vivere a dispetto delle tante contraddizioni attraversate dalla nostra piccola comunità. Sono stato colpito particolarmente dalle considerazioni di due miei cari amici. Uno mi riferisce che secondo lui, senza fare torti a nessuno, è stato, senza pretese, il libro scritto su Francavilla più bello e piacevole da leggere. L'altro quasi con gli occhi lucidi riscontra il ricordo di una persona a lui molto cara, che alla nostra comunità ha dedicato il suo lavoro e che pensava fosse dimenticata. Una signora, scambiandomi per l'autore mi chiama dal balcone e mi dice: “a cumparucciu ma tutti chijri cuosi, fatti, persuni, duva i trovastuvu mi scriviti, mi staju scialandu mu mi lieju e mu mi arricuordu”. Un'altra carissima e distinta signora mi incarica di portare i saluti all’autore complimentandosi e asserendo che immergendosi nella piacevole lettura del libro ha rivissuto momenti bellissimi di quegli anni favolosi.

Un simpatico particolare voglio raccontare che non è stato inserito nel libro e che riguarda noi ragazzini di dieci - dodici anni verso la fine dell’esperienza PSIUP. Ricordo che andavamo pure noi nella sezione, il pomeriggio, a giocare al famoso biliardino, spesso senza soldi utilizzando l’altrettanto famoso “ferruzzu”, il filo di ferro ad uncino, al posto dei gettoni. Avevamo una paura pazzesca di Ciccio Russo perché già una volta ci aveva beccato con il ferretto in mano e se ci ripescava erano calci nel sedere per tutti. E ricordo ancora quel flipper con a tema le carte di scala che dava palline bonus tirando pugni a ripetizioni sul monitor. Anche li con la paura di essere sorpresi.

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“lo stimolo a guardare retrospettivamente un periodo significativo”

di Pinuccio Pallone

Lunedì 1 Luglio 2013

Amerigo carissimo,

Grazie per lo stimolo che mi hai fornito a guardare retrospettivamente un periodo significativo della mia vita:

Grazie per avermi aiutato a meditare su legami ed eventi, su comportamenti personali e sociali che si sono intrecciati nel corso della mia formazione giovanile in seno alla nostra comunità.

Grazie, questo te lo devo da ex Amministratore, per aver regalato, con questo tuo lavoro, un bagaglio di riflessioni alle nuove generazioni di Francavilla.

Grazie per aver lasciato le porte aperte di questa tua preziosa opera quasi a volercela far vivere come esperienza senza fine.

Grazie per aver cercato di coinvolgerci tutti ad esprimere riflessioni libere sull'ambiente umano, sociale, culturale e politico del nostro Paese.

Grazie!

Come vedi, preso dall'entusiasmo, mi son dato da fare e sono riuscito a recuperare i documenti di cui abbiamo parlato nel nostro incontro a Francavilla. Si tratta della foto della prima edizione dell' "Opera Sacra" nella quale è ritratto anche Foca Rondinelli - amico, uomo giusto di grande equilibrio e sensibilità d'animo -, e dell'elenco dei soci della Cooperativa che dovrebbe temporalmente collocarsi a fine 1961.

E' vero, come ripeti spesso, che noi siamo "tecnici", ma sono sicuro che sarebbe difficile anche per gli "umanisti" tradurre su carta le sensazioni che ci fai vivere attraverso il libro.

Ti abbraccio fraternamente!

Pino Pallone

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“un punto di vista che ha del garbo”

di Saverio Fortunato

Lunedì 20 Gennaio 2014

La rassegna di Amerigo Fiumara è un punto di vista su tutti i punti di vista che nel periodo storico dal '50 al '79 è possibile raccontare o ascoltare oggi. Il suo però è un punto di vista che ha del garbo nel porgere fatti e aneddoti raccontati senza mai urtare le idee politiche di nessuno, senza calcare la mano sul proprio senso di appartenenza partitica. Fa riflettere questa rassegna perché all'epoca tutti i giovani, anche quelli di Francavilla come Amerigo, volevano con forza cambiare il mondo e, il mondo, era diviso tra Amici e Nemici, tra Buoni da una parte e Cattivi dell'altra. Col senno del poi si potrebbe dire che è stato il mondo a cambiare chi voleva cambiarlo e, quindi, la storia ha inghiottito tutto e tutti per darci oggi un concentrato del Nulla e del vuoto mentale, Lo stile narrativo di Amrgio è garbato perché fa fare queste riflessioni senza esprimere condanne; ed è anche analitico, preciso, quando elenca con rispetto tutti i mestieri e le arti di quel periodo nel territorio di Francavalla. A chi come me non conosce Francavilla, leggendo la rassegna storica di Amerigo si ha la sensazione di conoscerla, persino di sentire l'odore di quelle zeppole, di quei dolci che le nostre mamme preparavano per il Santo Natale e che avevano la buona educazione e la sana tradizione di scambiarsi coni vicini. Oggi, la psichiatria nel DSM-V di ultima edizione ha inserito come disturbo mentale dell'uomo moderno anno 2014 la fobia del vicino di casa. I tempi sono cambiati, ma non si sa se in meglio.

Prof. Saverio Fortunato

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"ricordi"

di Mimmo Bilotta

Lunedì 21 Ottobre 2013

Mio carissimo Amico Amerigo, ti scrivo queste poche righe dopo aver letto il tuo libro, dedicato a Francavilla Angitola. Ti faccio i complimenti più sinceri (di vero cuore) per come hai descritto quei quasi trent'anni di vita. Certo è che se avessi saputo, ti avrei potuto aiutare con qualche ricordo in più. Un esempio che tutti i Francavillesi ricorderanno è quando, prima di partire per l'America, Mico Lazzaro con il suo camion fece il giro del paese, con sulla cabina un cartello con la scritta. "Vi saluta il vostro amico Mico".

Capisco il titolo del libro riferito al periodo pre e post P.S.I.U.P. concernente la politica, ma sai che, nei piccoli centri, interessa poche persone.

Ritornando agli anni iniziali del tuo libro, devo farti un piccolo appunto riguardante mio padre, Foca Bilotta, egli è stato uno dei primi emigranti, infatti negli anni quaranta lavorava come capo calzolaio militare in una caserma della Finanza in Piazza Barberini a Roma. Per molto tempo ha suonato l'organo in chiesa e suonava il sassofono nelle bande di diversi paesi.

Anche a Francavilla, negli anni quaranta, era stata formata una grande banda e ne facevano parte, oltre a mio padre, anche: Vincenzo Caruso, Ciccio Monteleone, Marcellino Niesi, Foca Fruci, Antonino Condello, Foca Carchedi ed altri che al momento non ricordo.

Sono veramente contento che mi hai ricordato con tanto affetto, ed io non dimenticherò mai le giornate che abbiamo trascorso insieme in quei favolosi  anni.

Nel congratularmi ancora, ti abbraccio affettuosamente.

Mimmo Bilotta

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“un paese che costituiva ancora comunità”

di Luigi M. Lombardi Satriani

Caro Amerigo Fiumara

mi giunge particolarmente gradita la tua pubblicazione "IL P.S.I.U.P. Francavilla prima e dopo ('50-79) che descrive con estrema accuratezza le condizioni di vita e gli atteggiamenti di anni lontani, di cui il tempo ha dissolto via via i tratti e il tepore.

Riporti nomi, dettagli certamente minuti, ma importanti nell'universo di un paese che costituiva ancora comunità.

Ricordo quando nell'agosto del '74 registrai assieme a voi tanti canti popolari e ricordo anche la progettualità e le speranze che allora nutrivamo di un tempo diverso, di una Calabria diversa.

Nonostante il nostro impegno, queste speranze non si sono realizzate e la società attuale sembra fortemente dominata da valori competitivi e predatori mentre il tessuto connettivo della nostra realtà è sempre più erosa da fenomeni di disgregazione che a volte sembrano irreversibili. Non è capace di opporsi a tutto questo un ceto politico prevalentemente mediocre, che tranne qualche eccezione si mostra più che altro interessato a perpetuare il proprio potere locale e la propria sopravvivenza politica. Mi rendo conto che questo può apparire una generica lamentazione di chi, anche per ragioni anagrafiche, è indotto a esaltare un'improbabile buon tempo antico, ma credo che né l'età né il timore di apparire patetico esaltatore del passato debbono appannare la lucidità del nostro sguardo sulla vita contemporanea o la veemenza della nostra denuncia. Riprendendo il titolo di un libro del nostro Corrado Alvaro, ripeterei che "il nostro tempo e la speranza", ne proporrei la modifica in: il nostro tempo è la speranza. Ribadisco cioè che dalla visione del qui e dell'ora può partire lo slancio per ritrovare ancora un impegno, una nuova speranza.

Il tuo libro, caro Amerigo Fiumara, può contribuire efficacemente a questo processo e perciò condivido con te l'opportunità di una sua nuova edizione.

Cordialmente

Luigi M. Lombardi Satriani

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“un utile strumento per colmare il vuoto di conoscenza della realtà paesana”

di Vito Caruso

Caro Amerigo,

                                        Milano 5 maggio 2014

ho recentemente riletto il tuo libro e letto le molte recensioni che ti sono state inviate e che  sono pubblicate sul tuo sito. Condivido il  fatto che la tua pubblicazione, come sostiene il Prof. Luigi Lombardi Satriani  “…descrive con estrema accuratezza le condizioni di vita e gli atteggiamenti di anni lontani, di cui il tempo ha dissolto via via i tratti e il tepore…” oppure, per un francavillese come il Prof. Barbina il tuo libro rappresenta, ….scenari che non possono che destare lo “stordimento” dei ricordi e, con essi, quello delle emozioni….

Avendo avuto modo di partecipare alla presentazione del tuo libro, avevo già espresso, in quella sede, il mio apprezzamento per  il tuo impegno. Consegnare a noi ed alle future generazioni un lavoro con il quale hai voluto  fissare alcuni momenti e situazioni significative della vita paesana, soprattutto giovanile è opera sicuramente meritoria. Il libro contiene elementi di sicuro interesse e di stimolo per eventuali più estese considerazioni. Mi permisi di dire che, in base a quel poco che avevo letto prima della presentazione ed a quello che avevo ascoltato nella bella ed approfondita relazione introduttiva fatta dal Prof. Dorino Russo, sarebbe stato utile compiere qualche approfondimento sulle modalità con cui avveniva lo svolgimento delle  competizioni elettorali e su come venivano affrontate alcune vicende politiche, soprattutto, negli anni 70. La elevata conflittualità politica, che appare molto sfumata nel tuo libro, ha, invece, caratterizzato  in negativo la vita politica del nostro paese, determinando, quasi sempre, condizioni di inimicizia che hanno contribuito a  spaccare in due il paese e diviso molte famiglie. Il costante permanere di tale situazione ha, probabilmente, impedito uno sviluppo diverso e più dinamico della nostra comunità e del nostro territorio.

Se si vuole davvero non rimuovere dalla memoria quello che è stato e come è stato, per ricordare in termini effettivi, a noi che lo abbiamo vissuto  ed alle giovani generazioni che dovrebbero imparare a non ripete un certo modo di fare ed intendere la politica, occorrerebbe leggere, o rileggere, l’attenta analisi sul comportamento dei francavillesi in prossimità delle elezioni amministrative locali, e non solo, che è stata fatta dal Prof. Vittorio Torchia (persona nata a Francavilla e trasferitasi a Taormina dove ha vissuto fino alla sua morte), nel suo libro IL PAESE DEL DRAGO e più specificamente nelle NOTERELLE: Piccolo mondo di ieri/Piccolo mondo di oggi (il piccolo mondo di riferimento era ovviamente Francavilla). Egli, anche se  persona esterna al contesto quotidiano, ma dotato di grande cultura, di straordinaria umanità e dai modi semplici nell’agire,  ha osservato e riportato, in modo straordinario e  condivisibile, il comportamento, come detto, delle persone in competizione politica per la conquista del comune e dei cittadini chiamati al voto. Il resoconto delle elezioni amministrative del 78, per assistere alle quali ha rimandato il ritorno alla sua città di residenza,  letto oggi appare assolutamente attuale, anzi occorrerebbe aggiornarlo in negativo. Egli, tra l’altro, scriveva: ”Il clima paesano alla vigilia delle elezioni è una caldaia bollente, occasione di istinti che esplodono, di rivincite attese e di coltivati viscerali dispetti….. La lotta è permanente. Ognuno nel suo bunker……Le vere forze, quelle dei giovani si autodistruggono. I furbi fanno affari. Il paese langue…

E’ vero, caro Amerigo, che nella tua introduzione specifichi che i fatti raccontati, che si sono verificati durante il periodo ’50 – ’79 nel nostro paese, sono semplicemente descritti e non approfonditi, perché lo scopo che ti eri prefisso era quello di far emergere il senso di una coesione sociale, sentita e praticata e che ormai si è dissolta.

Il problema vero è che tale coesione si è dissolta da tempo, per infinite ragioni, non solo legate alle vicende francavillesi o al loro comportamento, ma all’intera eterna questione meridionale, la cui soluzione appare sempre più difficile, soprattutto alla luce del nuovo ordine economico mondiale, basato sul prevalere eccessivo della leva finanziaria su quella produttiva, che marginalizza ancora di più le zone periferiche e poco strutturate come nel caso del Mezzogiorno d’Italia. La globalizzazione, che ha già determinato cambiamenti epocali, molto spesso non positivi, può essere, se sfruttata opportunamente, occasione di sviluppo per zone esterne allo sviluppo o sottosviluppate.   La chiave di lettura di quello che avviene o non avviene nel nostro Sud, non può più essere quella tradizionale. Gli economisti, i politici, i meridionalisti e gli uomini di cultura, assieme alle popolazioni interessate devono compiere un notevole sforzo per superare i ritardi ed i limiti attuali nella individuazione di adeguate misure per un miglioramento soddisfacente delle condizioni di vita e di lavoro nel nostro Sud, pena la sua decadenza ulteriore e la completa subordinazione alle organizzazioni criminali. Sono sempre più convinto che il Sud si può riscattare solo con la gente del Sud, a condizione che riesca a mettere in campo una classe dirigente davvero responsabile e, quindi, all’altezza della situazione.

Il tuo libro ha rappresentato per me, che sono nato a Francavilla , un modo per ripercorrere diversi momenti della nostra infanzia, a partire da quando, ancora bambini, giocavamo a “Pendino” davanti alla bottega di “generi alimentari” di tuo nonno e nelle stradine che portavano alle diverse campagne intorno al paese. Giochi, ingenue complicità e marachelle che sono continuate negli anni successivi quando entrambi ci siamo spostati nella parte alta del paese, “Adirtu”.

Ma è stato anche un utile strumento per colmare il vuoto di conoscenza della realtà paesana, causato dalla mia partenza per Milano nell’agosto del 1962 all’eta di 14  anni, per iniziare il mio nuovo percorso di vita, di lavoro e di studio. Il distacco dal paese ha provocato in me una profonda lacerazione di cui ancora ricordo gli effetti devastanti per l’abbandono, in tenera età, degli affetti familiari e del mio ambiente. Mi è pesato molto anche il conseguente allentamento del rapporto di amicizia che avevo con te e con molti altri cari compagni.

I miei ritorni a Francavilla, una o due volte l’anno, mi servivano, oltre che per godere dell’affetto che mi veniva prodigato dalla famiglia e della buona cucina della mamma, per riappropriarmi di quelle cose uniche, spesso immateriali, che la nostra gente e la nostra terra ci sapeva offrire.

Anche se molto giovane, ricordo che uno dei bisogni che sentivo di più era, però, quello di essere aggiornato sulla situazione politica del nostro comune, di come questo veniva amministrato e quali iniziative venivano intraprese. Questo interesse risiedeva, forse, nel fatto che mi consideravo uno sradicato. Uno che era stato obbligato ad emigrare per potersi costruire un futuro, viste le oggettive difficoltà economiche  che mi avrebbero impedito di poter andare a Vibo per continuare gli  studi, ai quali io tenevo moltissimo. Quella mia particolare situazione di giovane emigrato, ma con la famiglia rimasta in paese, mi faceva sentire “…radicato e sradicato, sia a Francavilla che a Milano, partito e rimasto…” come mi invita a dire   Vito Teti nel capitolo “italiani del Sud” del suo ultimo interessantissimo libro “Maledetto Sud”. In altri termini a Francavilla venivo visto come il “milanese” che parla ed agisce in funzione della formazione che andava acquisendo nel luogo dove viveva e cresceva, mentre a Milano ero “il bel murettin calabresun” e, quindi, anche se solo per un breve periodo, il terrone sul quale venivano scaricati alcuni pregiudizi che, a quel tempo, erano molto forti e diffusi. 

La parte che dedichi nel tuo libro al  Centro Giovanile Popolare (CGP)  è particolarmente importante. Il CGP, di cui hanno scritto in modo  appassionato ed esauriente anche  Aldo Bonelli e Antonio Aracri, ha costituito, senza dubbio, un momento di aggregazione giovanile di straordinaria importanza. Esso si è dato, da subito, una linea d’azione che tendeva al coinvolgimento pieno di tutti ed alla valorizzazione dei contributi personali che ciascuno era in grado di esprimere. La sua apartiticità favoriva un confronto sereno sui diversi temi che a quell’epoca erano maggiormente sentiti dagli aderenti e la messa in campo di iniziative, anche di lotta, mirate a problemi concreti rilevati nell’ambito territoriale. L’analisi del passato e la ricostruzione, anche se limitata, del tessuto connettivo della nostra comunità, erano strumentali alla ricerca di elementi su cui basare azioni future per il miglioramento o il superamento di condizioni vita e di prospettiva ritenute non più sopportabili. L’oggi ed il futuro prossimo erano gli obiettivi temporali che ci ponevamo nell’elaborazione dei progetti da realizzare con le nostre forze o da indicare alle forze politiche che ci davano credito.

Di particolare valore è stato il lavoro formativo dei partecipanti, che, in modo del tutto  spontaneo, è stato portato avanti. Esso è stato in grado di generare parte della nuova e giovane dirigenza politica del paese, attraverso il passaggio  di  molti membri del CGP ad alcuni partiti storici presenti nel paese, fino ad arrivare ad esprimere diversi consiglieri comunali, un vicesindaco in Antonio Anello ed un sindaco nel fratello Pino Anello.

  Una sintesi degli obiettivi politici che ci eravamo posti e delle motivazioni che ci avevano portato a costituire il CGP sono contenuti nel “Manifesto” politico, che distribuimmo in forma di volantino a tutta la popolazione, e che era stato pubblicato sul N° 33 dei Quaderni Calabresi del giugno 74.

Il rapporto che eravamo riusciti a costruire con alcuni movimenti della zona, ma soprattutto con Francesco Tassone, direttore responsabile dei Quaderni Calabresi (poi Quaderni del Mezzogiorno e delle isole) e con il  gruppo di persone impegnate politicamente intorno alla rivista, sono stati di straordinaria importanza, oltre che per l’amicizia personale che si è subito instaurata, anche per il supporto e la collaborazione che ci sono stati forniti in diversi momenti della nostra attività. Personalmente, penso di dovere molto a Francesco Tassone, a Luigi Lombardi Satriani, a Mariano Meligrana e a Nicola Zitara  ed a molti altri compagni ed amici, per avermi consentito, attraverso la lettura dei loro contributi  pubblicati nei Quaderni,  di recuperare i valori fondanti della mia identità di persona meridionale, facendo aumentare, dentro di me, una più attenta sensibilità verso la Questione Meridionale, che ho cercato di mettere in campo nei passaggi successivi della mia vita personale e professionale.  Sono ancora oggi abbonato ai Quaderni, che leggo con immutato interesse.

Un abbraccio affettuoso

                                                                                  Vito Caruso

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"offre una visione complessiva di Francavilla"

di Roberto Ferrari

Venerdì 23 Maggio 2014

Uno, dieci, tanti PSIUP

Ci vuole passione vera per scrivere del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, la stessa che ha Amerigo Fiumara. Una sorta di rimozione, di inspiegabile condanna all’oblio ha cancellato per lungo tempo – troppo – ogni serio studio su questo partito di cui ricorre quest’anno il 50º della fondazione. Solo in tempi recentissimi sono apparsi alcuni lavori che hanno finalmente contribuito a far luce sulla sua storia dimenticata. Alti dirigenti dello stesso PSIUP hanno a lungo dimostrato una sconcertante ritrosia a parlare delle vicende del loro partito, come se il PSIUP fosse essenzialmente una stizzosa anomalia, una bizzarria transitoria priva di spessore politico e sociale, un’appendice a storie più’ importanti scritte da altri soggetti politici.

Il PSIUP, nella sua breve esistenza politica 1964-1972 e nella sue molteplici sfaccettature ideologiche ed organizzative  (non fu mai un partito monolitico e centralista come il PCI) ha saputo parlare di auto-organizzazione, di controllo operaio, di contro-poteri alternativi, di anticapitalismo, anticipando, intercettando e dando voce alla ribellione del ’68. Fornendo risposte efficaci e lungimiranti che ancora oggi – in tempi enormemente mutati - possiedono efficacia e capacità seduttiva.

Rodolfo Morandi – principale referente ideologico - diceva che il partito diventava ”altro” nel fuoco della lotta di classe, assumendo forme e contenuti nuovi di immediatezza di classe.  Nello stesso modo il vecchio PSIUP e’ svanito combattendo nel 1972 per ripresentarsi sotto altre vesti nei mille rivoli delle nuove insorgenze.

Il lavoro di Amerigo Fiumara contribuisce ad aggiungere un tassello importante alla conoscenza del PSIUP. Leggendo le pagine del suo libro si viene a sapere come il PSIUP si sia sviluppato in una realtà geopolitica lontana dai centri di potere tradizionali. Una periferia dell’”impero” dove giovani pieni di entusiasmo e meno giovani impegnati e colti hanno dato vita ad una realtà politica alternativa e dinamica. Con precisione e con un linguaggio sciolto e appassionante, l’autore offre una visione complessiva  di Francavilla e delle sue .dinamiche umane, politiche e sociali che coprono un trentennio di vita del territorio.

C’è da augurarsi che altri seguano l’esempio di Fiumara e che nuovi studiosi, in nuovi territori, contribuiscano presto a scrivere altre pagine della vita del PSIUP.

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“l'adempimento di un compito verso le -giovani generazioni-"

di Francesco Tassone

Mercoledì 11 Giugno 2014

Chi si trova a guardare la copertina di questo libro, “Amerigo Fiumara - Il Psiup - Francavilla prima e dopo (’50-’79)”, pensa, e non a torto, alla rievocazione della storia di un gruppo politico, attivamente impegnato nella costruzione del socialismo in Francavilla Angitola, uno dei tanti nostri piccoli paesi, quasi sempre carichi di storia, che vanno a comporre molte delle  province meridionali, tra cui certamente quelle lucane e calabresi.

    Tuttavia  l’impressione che può nascere dal primo impatto con la copertina è incompleta e come tale rischia di lasciare nell’ombra altra parte  e prospettiva del libro, forse la più significativa e dolorante.

    Il libro infatti è, insieme  a questo e prima di questo, la rievocazione  della vita  e delle vicende di un “paese”, cioè di quel centro di vita che è un paese: tale in quanto formatosi come comunità, variegata, complessa e anche conflittuale, ma pur sempre prima di tutto comunità; tale, inoltre e insieme, perché  con la sua presenza ha plasmato e sacralizzato il territorio che ad essa da la vita.

    Va rimarcato l’indissolubile rapporto dialettico che intercorre tra l’uomo ( inteso sempre come “gli uomini”, come quella grande comunità che è la umanità e che pure così tanto stenta a riconoscersi pienamente come tale), tra l’uomo , ripeto, e la terra: e più concretamente tra le  comunità concrete ed il territorio che esse plasmano  e da cui, così plasmato, traggono la loro vita  e fondano  la sua storia ( o, all’opposto, come nella fase storica – o forse nell’era- che stiamo vivendo , che esse avvelenano  e da cui restano  avvelenate, nella mente prima  che nel corpo).

    Francavilla, inoltre, è una delle  tante  soggettività di vita e di storia (dove c’è l’una c’è necessariamente l’altra) che, ognuna con le proprie peculiarità, compongono quel più vasto  arcipelago di vita, di storia e di cultura che è il nostro Meridione. Un   arcipelago, per dare concretezza alle parole, mediterraneo, prima che italiota o italiano, quale si è andato formando, per stratificazioni  successive, non solo nel corso dell’ultimo millennio, a partire dall’ingresso nella nostra vita dei guerrieri normanni, che hanno dato ad esso un forte connotato di soggetto politico; ma più ancora quale si è andato formando nel corso dei millenni precedenti, con la lunga, penetrante e feconda presenza e comunanza  bizantina e, prima ancora, per quanto è dato ricordare, con la presenza magnogreca,  apportatrice di nuovi modi di vivere e di più aperti orizzonti. Presenze  entrambe mediterranee, entrambe di grande impatto nell’addomesticamento della nostra ferinità e nella plasmazione della nostra anima, come, a proposito della presenza bizantina, - con cui Francavilla ha un rapporto elettivo – ha sempre cura di ricordare Domenico Minuto nei suoi vasti studi e nelle tante sue pubblicazioni, tra le quali ultime va ricordato il bel compendio di storia, costituito dalla “Storia delle gente in Calabria”, pubblicato in anni recenti (2007).

    Aprendo il libro di Amerigo, il paese dei decenni in esso considerati, tale perché legato dal sentimento “di una coesione sociale sentita e praticata”, si apre al lettore, in modo immediato, in tutta la varietà delle persone che ne componevano la trama;nella varietà  delle attività, dei mestieri, delle professioni che costituivano gran parte della loro presenza sociale; dei rapporti, delle amicizie, delle conflittualità che tra di esse si intrecciavano, e non meno della gioia che ad esse proveniva dalle feste che ne scandivano il tempo, una gioia lunga, particolare proprio perché gioia comune.

    L’Autore si pone come semplice cronista, come uno dei tanti attori di quella storia  oggi vivente in questa cronaca, con l’occhio rivolto all’adempimento di un compito verso le “giovani generazioni”, quasi a volerne prolungare in loro la presenza. Ed  è da questo forse che il resoconto trae la forza e l’immediatezza proprie di una cronaca essenziale ed insieme capace di restituire un quadro ampio, completo, dettagliato, in cui uomini e fatti trovano, pur nella vicenda mobile che è un paese, esatta collocazione.

    Ma non è questo l’intento di questa nota, nella quale, se fosse questo l’intento, bisognerebbe ritrascivere , passo passo, interamente quella cronaca, che il lettore farà bene a cogliere alla fonte. Qui basta ribadire che l’Autore, in modo organico e ordinato, pone al centro il quadro delle sorprendentemente numerose e varie attività socio-economiche di questa comunità, benché piccola e benché la sua articolazione  traesse le sue basi, come primo anello forte,  alla lavorazione della terra, con tutte le variegate attività, anche complesse e apparentemente lontane, che poi ne derivano. Ed insieme emergono le persone e le famiglie  che le esercitavano, in un reciproco scambio vitale; ed anche la vita e la storia delle più complesse aggregazioni che da esse nascevano, quale la vicenda della Cooperativa Edilizia fondata nel 1950.  Essa, nella sua linearità, anche così come rapidamente tracciata, offre ampia materia di approfondite riflessioni sulla storia delle nostre popolazioni, sulle capacità di plasmazione e di cooperazione; che, ancora  dopo la seconda guerra mondiale, in esse pulsava.

    Uno spazio importante di questa cronaca della comunità di Francavilla nel trentennio 50/79 è dedicato alla storia della partecipazione politica che in quegli anni animava la vita dei nostri paesi; ed in particolare alla  storia della presenza del Psiup, partito socialista che aveva come suo fulcro il proposito di realizzare, lì dove già imperava la cultura delle categorie, l’unità proletaria; e più in particolare ancora alla storia del Centro Giovanile Popolare.

   Si è trattato in questo caso di un  Centro, fondato da militanti comunisti di diversa provenienza, tra cui l’Autore, ma tutti  fortemente legati alla cultura ed alla condizione del paese ; e perciò pensato come  attivo strumento di scambio tra  il Centro stesso e la comunità cittadina, avendo come riferimento le  nuove correnti di pensiero e di organizzazione sociale che si andavano aprendo in quella più vasta  comunità degli uomini che, sia pure ancora non sufficientemente consapevole di sé, è il mondo. Tanto è dato rilevare dalle attività da esso progettate e/o attuate, quale l’azione contro l’occupazione abusiva della spiaggia, la ricerca sul tessuto socio-economico francavillese, l’organizzazione di una prima  festa popolare dopo  un’accurata raccolta di canti, poesie, proverbi e filastrocche, e soprattutto dalla realizzazione di un luogo d’incontro qualificato, aperto a tutti i cittadini.

   Questa ultima annotazione mi consente di tornare all’inizio di questa nota. Vi era in questa impostazione del Centro Giovanile, inteso necessariamente anche come struttura di crescita della comunità in cui esso nasceva, il sentimento di una doppia appartenenza, di un doppio legame di natura sinergica, in cui il fatto e il sentimento  di appartenenza ad un progetto politico di radicale reimpostazione delle basi della società mondiale, ed al soggetto o meglio ai soggetti formatisi per dare ad esso realizzazione, si legava al fatto e al sentimento di appartenere ad un soggetto comunitario vivente, fatto indissolubilmente di terra e di storia, di uomini e di territorio, nel quale e con il quale soltanto l’impegno per quel progetto avrebbe potuto mettere radici e diventare fatto vivente.

    Purtroppo mancò poi, e non per colpa di Francavilla, la coscienza della necessità di questa doppia appartenenza , trattandosi non di un semplice accostamento, né di una semplice sommatoria, ma di un rapporto sinergico di crescita, di un rapporto senza del quale l’una e l’altra soggettività erano destinate  ad una più o meno rapida involuzione. Oggi non vi è un solo partito “popolare”, che non si riduca ad una dirigenza, dalla quale discendono dirigenze locali; e la richiesta, alla moltitudine dei fedeli, della fede nel potere taumaturgico della dirigenza suprema:  e con essa, in definitiva, l’articolazione burocratica del potere supremo nei territori, ridotti da luoghi comunitari in periferie.

    La dissoluzione di quel “senso di una coesione sociale, sentita e praticata” che Amerigo Fiumara lamenta e presenta ad apertura  del libro, nasce  da questa più ampia crisi della democrazia e delle sue  basi materiali e relazionali. Trova cioè espressione nella dissoluzione della nostra materiale appartenenza alla terra attraverso la dissoluzione dell’appartenenza alle nostre singole comunità territoriali e al reticolo di comunità sempre più articolato in cui si collocano le loro relazioni  di vita, di cui l’arcipelago Meridione, se non si vuole cancellare la storia e la geografia attraverso cui la vita degli uomini trova corpo,costituisce momento reale; e come tale punto di riferimento ineludibile in ogni processo che nasce dal bisogno-necessità di ridare spazi alla democrazia.

    In definitiva la dissoluzione della materiale appartenenza ad una comunità e ad un territorio, e la dissoluzione del sentimento correlativo, vissuto ed evocato in questa storia, si traduce nella dissoluzione della nostra materiale e morale appartenenza alla terra,  ad una terra sempre meno nostra, sempre più aliena perché in mano di un potere lontano e noi estraneo.

   Stranamente soccorrono oggi, nell’interpretazione  di quanto avviene a Francavilla come in ogni altro villaggio del mondo, i presentimenti che  davano forma  alle mitologie dell’Impero, tanto care ad alcune generazioni di giovani a noi vicine. Senza un nostro ancoramento alla terra – una terra da rendere sempre più nostra -, costruito da ognuno come cittadino di una comunità e dei reticoli di comunità in cui ciascuna di esse trova  il proprio spazio ed il proprio orizzonte, s’impone il procedere dell’Impero ed il deserto di cui esso si circonda; o, se si preferisce, il deserto dal quale quotidianamente veniamo circondati e l’Impero che su di noi, resi impotenti e muti, si va costruendo.

   Se così è, e se tutto questo non solo pura immaginazione, allora la storia di Francavilla quale tracciata in questo libro, tanto più efficace quanto più privo di pretese, è emblematica: e la nostalgia da cui esso nasce è una forza attiva, traducendosi  in un richiamo alla necessità di lavorare consapevolmente, in modo organizzato alla costruzione – qui ed ora, le uniche dimensioni di cui disponiamo -  di un ordine basato sulla centralità dell’uomo quale comunità.

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"è una storia di Francavilla per Francavillesi"

di Antonio Giancotti

Domenica 15 Giugno 2014

Caro Amerigo,

arrivo buon ultimo a commentare il tuo lavoro, e me ne dispiaccio profondamente. Ho dovuto cestinare gli appunti che m’ero fatto man mano leggevo, perché nelle recensioni li ho poi trovati egregiamente sviluppati, persino talvolta con parole identiche alle mie (un esempio: “tensione etica”, che ritrovo nel commento di Franco Mellea). Per evitare inutili ripetizioni mi è quindi venuto in mente di fare un metacommento,  cioè un commento dei commenti.

Devo complimentarmi con te per la fitta rete di conoscenze ed amicizie che ha risposto al tuo appello, e che si è espressa con così grandi capacità  analitiche e critiche. Il rischio poteva essere quello di scadere nell’oleografico, ma ciò non è affatto avvenuto. Anzi, accanto a giustificatissime attestazioni di sintonia, di elogio e di affetto, che peraltro condivido perfettamente, compaiono puntuali le evidenziazioni di alcune imperfezioni. Sono queste che vorrei a mia volta commentare.

Cominciamo dal titolo: può essere certo improprio, fuorviante, o quant’altro. Ma quando si “penetra” il libro si capisce bene che inserendo all’inizio del titolo “Il PSIUP” hai solo voluto fare un’appassionata dichiarazione d’amore per il periodo della tua vita in cui la tua mente, il tuo cuore e la tua anima hanno raggiunto il picco della tua espressione esistenziale.

Riguardo alla non “letterarietà” del lavoro: mi sembra lapalissiano il fatto che tu sia un ingegnere, non un letterato, né uno storico, né un sociologo. Ma sei stato un cronista lucido, onesto, affettuoso. Autentico!

La minuziosità, gli elenchi (che qualcuno ha definito aridi) di nomi e cose: devo dire che anche a me all’inizio era venuta in mente l’Encyclopédie di settecentesca memoria. Ma nel prosieguo della lettura ho capito che era come se fossimo tutti intorno a un tavolo e che tu raccontassi: “mi ricuordu, c’era Vitu, Pinu,…”. Citare tutto e tutti era dimostrare (con un implicito sorriso) quanto vivida era la tua memoria, e, oltretutto, guai se tu avessi taciuto un particolare, o avessi dimenticato qualcuno: non ti sarebbe stato perdonato. Infatti la tua è una storia di Francavilla per francavillesi, per cui hai fatto accomodare al tavolo quante più persone hai potuto, e li hai riportati nelle storie, negli ambienti, nelle atmosfere.

Da ultimo, concordo con chi raffrontando l’anima di quei decenni al grigiore (addirittura il “nulla”, si è detto) dei nostri giorni prova molta amarezza, ma non possiamo dire che alla fine non si sia ottenuto alcunché: almeno gli attaccapanni in classe per i soli figli dei “signori” non si vedono più….

Grazie, Amerigo, per questo prezioso racconto che mi ha svelato una Francavilla che non conoscevo. Un compaesano appassionato come te accresce il mio orgoglio di essere francavillese.

Antonio Giancotti (di Foca)

P.S.: mi hai fatto prepotentemente riaffiorare alla mente la ragazza di Imperia: era davvero da far bollire il sangue!

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"è un originale spaccato storico di una realtà calabra"

di Giuseppe Faragasso

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